Carni italiane

"La carne fa carne"

Spesso nei detti popolari sono contenute, come in questo caso, delle verità innegabili. Infatti la carne (intesa come la parte muscolare degli animali da macello, degli avicoli, dei conigli e della selvaggina) è da considerarsi uno degli alimenti più importanti in assoluto. In base ai dati forniti dall'INRAN (Istituto Nazionale Ricerca Alimenti e Nutrizione) andiamo a scoprire la sua composizione.

Gli elementi nutritivi contenuti nelle carni possono variare molto in funzione dell'età e della specie dell'animale. Quelli che variano maggiormente sono la quantità di acqua e di grasso. La prima, in animali giovani e magri come il vitello, arriva quasi all'80% del peso corporeo, mentre in animali come l'oca scende al di sotto del 50%. Il contenuto di grasso varia invece da livelli bassissimi (sotto l'1% quella del coniglio magro e del petto di faraona), al 20% del maiale grasso e fino al 34% dell'oca. Ma l'elemento fondamentale della carne è la sua quota proteica. Presenti nei vari animali in una quantità pressoché costante (19-21 grammi per ogni etto), le proteine della carne hanno un alto valore biologico, perché contengono in una proporzione bilanciata tutti gli amminoacidi indispensabili alla formazione, all'accrescimento e al mantenimento del nostro organismo, compresi alcuni (come lisina e triptofano) che sono spesso carenti nelle proteine di origine vegetale. Inoltre, la carne contiene un buon quantitativo di ferro (in una forma che viene facilmente assorbita dall'organismo, cosa che non accade con il ferro presente in altri alimenti) e di potassio (che regola la pressione e la ritenzione idrica), mentre è povera di sodio (fattore chiave dell'ipertensione, largamente introdotto nella dieta da altri alimenti).
La carne è quindi un alimento dal valore nutritivo di alto livello. Ciò non significa pero' che si debba esagerare nel consumarla, come è accaduto e sta accadendo in America e in Europa, perché i presupposti essenziali di una dieta corretta sono la moderazione nei consumi e l'ampia varietà di cibi. Se è giusto informare che un eccesso di carne è dannoso per la salute, al contrario non si deve demonizzarla, dando credito a tendenze alimentari improvvisate e sbilanciate in voga negli ultimi anni. Una porzione di carne alcune volte alla settimana è difatti estremamente utile all'organismo per assicurarsi una parte sostanziale del proprio fabbisogno di proteine, di alcuni elementi minerali importanti quali ferro e zinco e di alcune vitamine del gruppo B.
 
Le pregiate carni italiane
Fra gli oltre 200 prodotti italiani a denominazione d'origine, frutto di tradizioni gastronomiche consolidate e di particolare attenzione alla qualità, figurano attualmente anche tre tipologie di carne fresca, mentre altre tre sono in "protezione transitoria" (in attesa della registrazione da parte della Commissione Europea).
La prima tipologia di carne fresca italiana ad aver ricevuto la protezione europea è il Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale I.g.p., che dal 1998 vede tutelata la grande storia di questa razza e l'antica tradizione di allevamento, improntata ad un'altissima attenzione alla qualità, tipica di quest'area. Ne deriva una carne di straordinario valore qualitativo, famosa sia in Italia che all'estero. La carne di Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale è prodotta da bovini, maschi e femmine, di pura razza Chianina, Marchigiana, Romagnola, di età compresa fra i 12 e i 24 mesi, allevati lungo la dorsale appenninica del Centro Italia, precisamente nelle province di Bologna, Ravenna, Forlì, Rimini in Emilia-Romagna; Pisa, Prato, Firenze, Arezzo, Siena, Livorno, Grosseto in Toscana; Ancona, Macerata, Ascoli Piceno nelle Marche; Terni e Perugia in Umbria; Teramo, Pescara, Chieti, L'Aquila in Abruzzo; Campobasso e Isernia in Molise; Frosinone, Rieti, Viterbo in Lazio; Benevento e Avellino in Campania.
Tra le razze tutelate da questa I.g.p. la "Chianina" è forse quella che gode di un'immagine più affermata, grazie anche alla fama che si è conquistata con il mito gastronomico della bistecca "alla Fiorentina". In ogni caso la razza Chianina, utilizzata un tempo per il lavoro nelle campagne, è oggi considerata uno delle più pregiate produttrici di carne al mondo. Derivata dal Bos primigenius, la Chianina è presente in Italia da oltre 2500 anni ed era particolarmente apprezzata dagli Etruschi e dai Romani, che grazie al suo candido manto la utilizzavano anche nei cortei trionfali e per i sacrifici alle divinità. Ancora oggi è riconoscibile dal manto bianco porcellana, dal tronco lungo e cilindrico con dorso e lombi larghi e dagli arti più lunghi delle altre razze: è infatti il bovino più grande del mondo.
Anche la razza "Romagnola" vanta origini antichissime. Infatti è accertato che derivi dal Bos Taurus Macrocerus, un bovino originario delle grandi steppe dell'Europa centro-orientale, arrivato in Italia al seguito dell'invasione longobarda nel IV secolo. Riconoscibile dal mantello grigio chiaro, vanta un notevole sviluppo muscolare e una spiccata robustezza degli arti: è considerato il bovino più resistente al clima tra le razze bianche e la sua adattabilità ai terreni difficili lo rende un ottima razza da pascolo.
La razza "Marchigiana" è frutto dell'incrocio fra il bovino polico autoctono (derivato dal "Bovino dalle grandi corna" giunto in Italia nel VI secolo) e i tori chianini. Ne è derivata una razza con un migliore sviluppo muscolare e un mantello più chiaro; dopo un'ulteriore incrocio con la razza Romagnola agli inizi del XX secolo, per rendere la razza più adatta al lavoro nei campi, la Marchigiana assunse i caratteri attuali, che la rendono un'ottima produttrice di carne, sia in termini di resa da macello che di qualità delle carni.
Nel 2001 arriva il secondo riconoscimento europeo per una carne fresca italiana, precisamente per l'Agnello di Sardegna I.g.p. In Sardegna l'allevamento ovino è un'attività antichissima, frutto di una tradizione che consente agli animali di alimentarsi e crescere a stretto contatto con la natura. In particolare gli Agnelli di Sardegna Igp, secondo il disciplinare di produzione, vengono allevati allo stato brado, in ambienti esposti a forte insolazione, ai venti e al clima tipici dell'isola. Sono nutriti prevalentemente con latte materno e/o con l'integrazione pascolativa di alimenti naturali ed essenze spontanee caratteristiche sarde. Sono previste tre tipologie: "agnello da latte", alimentato esclusivamente con latte materno e di peso non superiore ai 7 kg; "agnello leggero", ottenuto in purezza o con incroci con altre razze da carne altamente specializzate, di peso compreso fra i 7 e i 10 kg; "agnello da taglio", di peso compreso fra i 10 e i 13 kg.
Risale al giugno 2009, infine, il riconoscimento europeo all'Abbacchio Romano I.g.p., una tutela che finalmente giunge a proteggere un piatto della tradizione fortemente minacciato dalle imitazioni. L'Abbacchio Romano Igp è ottenuto dalle carni e dalle frattaglie degli agnelli nati, allevati e macellati in tutto il territorio del Lazio. Si tratta di animali allevati allo stato brado o semibrado, macellati tra i 28 e i 40 giorni d'età e con peso non superiore agli 8 kg. La carne dell'Abbacchio ha da sempre un forte legame con la ruralità e con la tradizione laziale e romana in particolare. L'importanza dell'allevamento ovino in questo territorio si può comprendere leggendo una nota storica del 1629, dove si scopre che in tale anno a Roma furono consumati 165.797 agnelli, su una popolazione che contava 115.000 persone!
In attuale protezione nazionale transitoria, in attesa dell'ufficiale riconoscimento europeo, si trovano poi altre tre tipologie di carne fresca italiana di altissima e comprovata qualità: il Gran Suino Padano Dop, oggi utilizzato per la produzione dei più famosi prodotti della salumeria italiana; il Suino Cinto Toscano Dop, antica razza suina allevata allo stato brado; la Carne di Bufalo Campana Igp, pregiata razza meglio nota per la produzione del latte da cui deriva la famosa Mozzarella di Bufala Campana Dop.
Non c'è che l'imbarazzo della scelta, verrebbe da dire. Ma l'accento va puntato soprattutto sulla qualità di queste carni. Come afferma Stefano Mengoli, Presidente del Consorzio Tutela del Vitellone Bianco dell'Appennino Centrale: "Il consumatore deve affidarsi a dei parametri consolidati di qualità e la qualità si fa in filiera. Le normative europee seguono, per fortuna, tutti i passaggi della filiera: alimentazione degli animali, la loro macellazione, il modo di confezionamento, la vendita. L'attuale disciplinare identifica ciascun prodotto come unico. Questo è un modus operandi senza paragoni... La carne italiana è senz'altro più costosa, ma sicuramente di maggior qualità rispetto a qualsiasi altra carne al mondo".
 
Chi vince la sfida?
L'abitudine spinge molti consumatori a identificare la carne esclusivamente con quella di manzo o di vitello, escludendo dalla propria scelta le molte altre carni disponibili. L'idea di fondo che le carni bovine siano quelle nutrizionalmente più pregiate è un pregiudizio da sfatare, perché assolutamente privo di fondamento. Infatti il valore nutritivo delle carni alternative (pollo, tacchino, maiale, ecc.) è perfettamente all'altezza di quello della carne bovina, sotto tutti i profili.
Un altro concetto da correggere è quello per cui i tagli di carne più costosi (filetto, prosciutto, petto) siano anche quelli con le caratteristiche nutrizionali più pregiate. In realtà, anche molti tagli magri, considerati "minori" per via del basso costo, hanno lo stesso valore nutritivo di bistecche e filetti. E anche le carni surgelate delle varie specie hanno un potere nutritivo simile a quelle fresche e un'identica digeribilità.
Quindi è possibile affermare con certezza che le diverse varietà di carne sono tutte nutrienti in misura comparabile, pur differendo per composizione e per alcune caratteristiche nutrizionali e sensoriali. Proprio per questo è importante variare il tipo di carne che si assume, nutrendosi non solo di manzo e vitello, in modo da garantirsi una dieta il più possibile varia ed equilibrata. La sfida della qualità delle varie tipologie di carni finisce sostanzialmente in parità. Ciò che deve determinare la preferenza tra una specie e un'altra è una serie di motivazioni soggettive dei singoli consumatori: essi possono valutare il prodotto da scegliere in base al gusto e al sapore di un particolare taglio, al prezzo del prodotto, alla comodità della preparazione e al servizio che offre, senza preoccuparsi del suo valore nutrizionale perché, come abbiamo detto, non esistono carni di serie A e di serie B.
"In un'adeguata alimentazione"- spiega Gian Paolo Angelotti, Presidente di Fiesa Assomacellai, nel rapporto annuale del settore - "il consumo di carne è fondamentale, perché contribuisce all'apporto di proteine di elevata qualità. Vitamine come il gruppo 12, minerali come lo zinco, il ferro e il rame sono essenziali per il nostro organismo e possiamo trovarli nella carne". E ancora: "La diversità tra carni bianche e carni rosse non è dovuta alla quantità di ferro in esse contenuto, ma alla maggiore o minore presenza di mioglobina, pigmento che si combina con l'ossigeno determinandone il colore rosso".
 
LA FILIERA DELLA CARNE BOVINA E SUINA
Sembra una parola legata all'industria meccanica, ma in realtà con il termine "Filiera" s'intende far conoscere e garantire tutte le fasi di allevamento e produzione dei prodotti alimentari, siano essi a base di carne, di latte o di vegetali. Cerchiamo quindi di capire le terminologie relative e come funziona il sistema.
La filiera della carne è l'insieme delle fasi di produzione che dalla materia prima portano al prodotto finito: dalla scelta del bestiame alla distribuzione del prodotto nei punti vendita, passando attraverso il settore mangimistico, zootecnico e sanitario, le tecnologiche di lavorazione, i trasporti, gli stoccaggi e le transazioni commerciali. Si pensi alla filiera come ad una catena ancorata al consumatore finale, dove gli anelli rappresentano le singole fasi di produzione; è facile comprendere che, se pur uno solo degli anelli non funziona, tutta la catena ne risente, anche se tutti gli altri lavorano al meglio. Se, ad esempio, un agricoltore utilizzasse dei mangimi non ammessi o che fossero contaminati, questi potrebbero essere presenti anche nella bistecca che arriva sulla nostra tavola, o persino nel salume del panino; questo oltre a determinare un grave rischio per la nostra sicurezza alimentare, determinerebbe una perdita di fiducia nell'intera filiera.

Rintracciabilità e tracciabilità
Mucca pazza, diossina nei polli, aflatossine nel latte. Sono solo alcune delle emergenze alimentari che negli ultimi anni hanno messo in discussione la sicurezza di quello che arriva sulle nostre tavole. Ma esiste un sistema che consenta di seguire tutta la vita di un prodotto, dalla produzione al consumo e viceversa? Questo sistema esiste, si definisce rintracciabilità e a partire dal 1° gennaio 2005 è obbligatorio per tutte le aziende del settore alimentare.
La rintracciabilità è definita all'Articolo 3 del Regolamento n. 178/2002 del Parlamento Europeo (che ha fatto seguito al "Libro bianco" sulla sicurezza alimentare, emanato il 12 gennaio 2000) come "la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione"; in pratica significa avere la possibilità di ripercorrere il processo produttivo da valle a monte, dal prodotto finito all'origine della materia prima. Questo consente, in caso di emergenze sanitarie o di frode, di individuare esattamente il punto preciso in cui si è verificato l'errore, capirne le cause, ritirare dal commercio, se necessario, tutti i prodotti appartenenti allo stesso lotto e mettere in atto azioni correttive e preventive.
Ovviamente non si può rintracciare il percorso del prodotto se prima non è stato tracciato.
Con il termine tracciabilità si indica il percorso da monte a valle, la possibilità di seguire le materie prime, i luoghi e le tecniche di produzione lungo la filiera produttiva.
Tracciabilità e rintracciabilità sono dunque due importanti strumenti in grado di offrire al consumatore finale, tramite le informazioni in etichetta, maggiore trasparenza, garantendogli nel contempo un elevato grado di sicurezza e, se abbinate a sistemi di controllo e autocontrollo (ISO 9001/2000, manuali HACCP), anche un elevato grado di qualità.

La rintracciabilità della filiera della carne bovina
Nel caso specifico della carne di bovino, in risposta all'allarme BSE (Encefalopatia Spongiforme Bovina) o "malattia della mucca pazza", il Parlamento Europeo, mediante l'emanazione del Regolamento CE n. 1760/2000, istituisce l'obbligo di etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carne bovine, consentendo così la tracciabilità e la trasparenza delle informazioni ai consumatori. Dal 1° gennaio 2002 le carni bovine sono immesse al consumo corredate di etichetta riportante il codice di identificazione dell'animale, il paese di nascita e di allevamento, il paese e il numero di approvazione del macello e del laboratorio di sezionamento, ed eventuali informazioni facoltative (tipo di alimentazione, razza, categoria, età, sistema di allevamento). Parallelamente è stata istituita la Nuova Anagrafe Bovina Nazionale che consente di registrare tutte le informazioni riguardanti la "storia" di ogni singolo capo allevato; tali informazioni sono riassunte sul "passaporto", documento che accompagna l'animale in ogni suo spostamento fino al macello.

La rintracciabilità della filiera della carne suina
Per quanto riguarda l'applicazione della rintracciabilità nel settore della carne di suino, esistono due differenti approcci a seconda se si tratta di produzioni tutelate o non tutelate. Le prime, ossia le produzioni DOP e IGP sono definite come "insieme di allevamenti, macelli e laboratori di sezionamento, stabilimenti di lavorazione ubicati in un determinato territorio ed iscritti, volontariamente, in elenchi di strutture abilitate"; qui la rintracciabilità è basata su un sistema di anagrafe e di controllo di tutti gli aderenti alla filiera che consente di rendere certe la provenienza e la tecnica di produzione. Per quanto concerne le produzioni non tutelate il tema lascia ampi margini interpretativi, poiché esse non sono soggette a regolamentazioni da parte di organizzazioni ufficialmente riconosciute. In alcuni casi tale approccio può essere certificato volontariamente, applicando le norme Uni En Iso o altre tipologie di standard qualitativi europei, al giorno d'oggi molto richiesti dalla Grande Distribuzione Organizzata.

La zootecnia biologica
In risposta alle sempre maggiori richieste di sicurezza degli alimenti e con lo scopo di offrire al consumatore una maggiore qualità non solo del prodotto, ma dell'intero processo produttivo, con particolare riguardo alla salvaguardia dell'ambiente e al rispetto del benessere degli animali, si sviluppa la zootecnia biologica. Le caratteristiche che l'allevamento biologico deve avere sono stabilite nel Regolamento CE 1804/99, che integra il Regolamento CEE 2092/91 sulle produzioni biologiche. Esso definisce le modalità di conversione da allevamento tradizionale a biologico, l'alimentazione degli animali (che deve essere costituita da alimenti biologici e per gli erbivori deve essere garantita anche attraverso il pascolamento), le razze e l'origine degli animali, le cure veterinarie, i metodi di gestione zootecnica, il trasporto e l'identificazione dei prodotti animali, la quantità di deiezioni zootecniche disperdibili sul territorio, le caratteristiche dei pascoli e degli edifici zootecnici.
La zootecnia biologica può assolvere anche ad altre due importanti funzioni: da un lato può contribuire in maniera significativa alla salvaguardia del territorio, ripopolando e rendendo economicamente vantaggiose alcune aree depresse; dall'altro può assumere notevole importanza nella salvaguardia e recupero della biodiversità, agendo come nucleo di sviluppo per razze autoctone. In questo contesto la produzione animale biologica sta assumendo le caratteristiche di una produzione qualificata, passando velocemente da un mercato di "nicchia" ad uno comprendente una fascia più allargata di utenti.

 

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