Amari e digestivi

L'amaro italiano: da medicamento a bevanda digestiva

Le loro ricette sono state gelosamente tramandate da una generazione all’altra e ancora oggi sono estremamente apprezzati, non soltanto da un pubblico maturo, tradizionalmente il maggior estimatore del genere, ma anche dai più giovani, grazie anche a una sapiente campagna di rilancio della loro immagine.

Il consumo degli amari avviene, nella maggiore parte dei casi, dopo i pasti come digestivo. Gli amari sono liquori a gradazione media, ottenuti per macerazione di varie e numerose componenti vegetali in alcol etilico, seguita da un’eventuale diluizione in acqua fino ad ottenere la gradazione desiderata. Tra le moltissime tipologie di erbe, radici e spezie utilizzate prevalgono l’angostura, la china, l’assenzio, la genziana e la cannella, ma la varietà impiegate sono innumerevoli e stilarne un elenco completo sarebbe arduo.
I fernet hanno come base un miscuglio di molte erbe, tra le quali rabarbaro, china, aloe, genziana ed agarico, in grado di conferire al fernet l’intenso colore scuro ed il sapore tipicamente amaro. I migliori fernet vengono invecchiati in fusti di rovere.
Le chine sono liquori di tradizione italiana e francese, che sfruttano le proprietà aromatiche medicamentose della scorza dell’albero omonimo. Si tratta di prodotti che possiedono, spesso, una lunga storia, una tradizione che ha origini lontane e profondi legami con l’antica erboristeria e la farmacopea. Il processo produttivo può contemplare inoltre la distillazione di un infuso ottenuto mediante la sapiente miscelazione di erbe, radici, foglie, bacche, frutti, fiori e corteccia di svariati vegetali. La lista completa degli ingredienti e le proporzioni restano un segreto di ogni produttore. In questi prodotti esiste un completo utilizzo di tutte le parti della pianta, dalle radici ai fiori, perciò essi beneficiano delle proprietà officinali di tali piante.
Tra le prerogative più benefiche degli amari si riscontrano senza dubbio quelle digestive, che rappresentano in effetti le funzioni medicamentose ricercate originariamente nella preparazione di questi prodotti. Tali proprietà li rendono particolarmente adatti per il consumo a fine pasto e ancora oggi questa costituisce la principale occasione di consumo.  
Le ricette più antiche risalgono alla metà del XVIII secolo e le più complesse giungono ad utilizzare miscele di oltre 40 tipi di erbe, radici e spezie.  
L’elaborazione delle ricette veniva spesso stilata da farmacisti, botanici e appassionati, dopo anni di esperienza nella ricerca e nella scelta delle erbe e delle parti delle piante più adatte allo scopo. Un ruolo importante è stato svolto dai monasteri e dai conventi, dove i frati hanno messo a punto ed affinato ricette frutto di anni di esperienza nella raccolta e nella miscelazione delle erbe. In seguito la produzione uscì dai monasteri per giungere nelle mani di piccoli artigiani e, successivamente, di grandi industrie che ne hanno perfezionato la tecnica produttiva, ricercando soprattutto l’ingentilimento e la raffinatezza del sapore.
Nonostante le moderne produzioni, il ricordo della remota e nobile origine degli amari viene confermato dai nomi commerciali di molti di questi prodotti, che si richiamano spesso alle denominazioni di antichi ordini religiosi.
Naturalmente, gli effetti ricostituenti e digestivi rappresentano solo un aspetto di queste bevande, che sono caratterizzati da gusto finissimo, piacevole al palato e assolutamente unico ed originale. Gli amari, infatti, possono subire periodi di invecchiamento più o meno lunghi in legni particolari, che contribuiscono ad accrescerne il bouquet e a renderne più armonico il sapore.

In Italia gli amari sono tra i più apprezzati tra gli alcolici e sono consumate da circa un terzo della popolazione. La loro diffusione al centro e al Nord è praticamente identica (29%), mentre è al Sud che si registrano le percentuali maggiori, ben oltre il 15% rispetto alla media nazionale, con il 37% dei consumi. La segmentazione tra uomini e donne invece varia molto a seconda del canale di acquisto: nei negozi infatti uomini e donne acquistano in egual misura, anche se poi tra le mura domestiche le percentuali variano di molto. Tra i consumatori casalinghi di amari si annovera l’80% degli uomini e solo il 20% delle donne. Per quanto riguarda il canale bar e ristoranti, le divergenze si accentuano ancora di più, arrivando al 90% di consumatori di sesso maschile e soltanto il 10% di donne. Questo fatto si può spiegare in parte proprio per il sapore amaro, generalmente poco gradito dal genere femminile, unito alla considerazione che le donne di norma preferiscono bevande con gradazioni alcoliche inferiori.
Tra i bevitori di amaro si possono poi operare delle distinzioni in base alla frequenza del consumo.
In generale s’individuano tre categorie: chi lo beve quotidianamente, pari al 29% del totale, chi lo beve almeno una volta la settimana (44%), la maggioranza, e chi lo assume almeno una volta al mese (27%).
Le motivazioni che spingono al consumo sono abbastanza eterogenee e hanno subito negli ultimi anni un notevole cambiamento: mentre in passato si tendeva a sottolineare l’aspetto salutare e digestivo degli amari, relegandone in secondo piano le caratteristiche organolettiche, oggi le aziende produttrici stanno giustamente rilanciando i loro prodotti, mediante investimenti pubblicitari che puntano sul gusto, rivolgendosi anche a consumatori più giovani, e proponendo nuove occasioni di consumo.
Tra queste, la più rilevante e in decisa fase ascendente  è quella di  prodotto per la “seconda serata”, da bere puro/liscio o come componente di cocktails non solo a casa ma anche nei bar, pub e locali notturni.
Alcuni amari si prestano inoltre ad essere aggiunti al caffè e per affogare il gelato, oppure per la preparazione di dolci e dessert.

Negli ultimi anni sono calati i consumi di alcolici, e il “bere” viene visto con molta diffidenza, poiché si considera l’alcol un nemico pericoloso per la salute. In tale contesto si è imposta la regola  del bere meno ma meglio, regola alla quale gli amari rispondono ottimamente, poiché il loro consumo si presta a dosi limitate che, viste le proprietà officinali proprie di questi prodotti, possono risultare salutari. L’Italia produce un gran numero di amari, chine, fernet e liquori alle erbe e alcuni di questi hanno raggiunto una certa notorietà in tutto il mondo.

Un deciso incremento generalizzato è stato invece riscontrato nell’export, dove alcune marche hanno ottenuto degli aumenti di vendite del 30%. Tuttavia, i mercati esteri, pur presentando prospettive interessanti, appaiono ancora limitati e in fase di sviluppo, poiché non sono molti i Paesi nei quali esiste un’abitudine al consumo di digestivi.
Le vendite si stanno espandendo soprattutto negli Stati che già possiedono una certa tradizione, seppure non comparabile a quella italiana, nel consumo di liquori alle erbe o prodotti similari, quali Spagna, Svizzera, Francia, Germania, Austria, Olanda, Gran Bretagna, Stati Uniti e alcuni Paesi dell’Est europeo dai quali, tra l’altro, derivano le ricette originarie di alcuni amari italiani.
Mercati in via di sviluppo sono rappresentati poi da alcuni Paesi sudamericani come Brasile e Argentina. Il mercato degli amari, infine, pur non essendo caratterizzato da una spiccata stagionalità, presenta dei picchi di vendita in corrispondenza dei periodi natalizi e pasquali.  

 

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