Burro e margarina

Pasta al burro o alla margarina?

A un occhio disattento potrebbero persino apparire lo stesso prodotto, ma le differenze tra loro sono notevoli, sia per gusto che per composizione.

Tra burro e margarina, quello che può vantare le origini più antiche è senza dubbio il burro. L’impiego di questo condimento è maggiormente diffuso al nord, dove il clima poco favorevole non ha certo spinto vero la coltivazione dell’ulivo (ad eccezione delle zone lacustri), cosa che è invece avvenuta al sud, dove infatti si usa quasi esclusivamente l’olio d’oliva. Per secoli questo alimento è stato impiegato non soltanto per esigenze tecniche, ma anche e soprattutto perché è buono. Oltre a donare sofficità agli impasti infatti, il burro conferisce un aroma tipico, legato a delle sostanze prodotte dai batteri lattici in esso presenti. Oggi però, per via dello stile di vita sempre più sedentario e della tendenza a mangiare troppo e male, a questo alimento è sempre più spesso sostituito un prodotto che lo ricorda molto da vicino, ma che possiede delle caratteristiche nutrizionali differenti: la margarina. Essa fu messa a punto da un farmacista francese, Hippolyte Mège, in risposta alla richiesta avanzata da Napoleone III di dotare gli equipaggi delle navi di un sostituto del burro che fosse pi economico e si conservasse più a lungo e si distingue per essere preparata a partire da grassi vegetali e per il fatto di contenere una quantità di colesterolo inferiore. Questo prodotto però è stato spesso accusato di essere addirittura nocivo alla salute, per via degli acidi grassi trans che si formavano durante il processo di fabbricazione. Oggi quasi tutte le margarine in commercio sono preparate con tecnologie che non presentano questo inconveniente; ciononostante, il dubbio se usare il burro o la margarina in alcuni casi rimane. Come regolarsi?

Ingrediente tra i preferiti dalle nostre nonne, che lo utilizzavano per le caratteristiche che regala ai piatti in cui viene aggiunto e per la sua proprietà di ridurre il senso di fame, il burro è uno dei capisaldi della tradizione alimentare italiana, specie nel nord, dove il clima poco favorevole non ha favorito, se non in alcune zone, la coltivazione dell’olivo.
Nell’ambito dei grassi da condimento, dopo lo strutto è quello che negli ultimi anni ha conosciuto le sorti peggiori. Esso è infatti accusato di avere un livello troppo elevato di colesterolo e grassi saturi, che ne relegano l’utilizzo a poche occasioni speciali, in cui il suo gusto è indispensabile per arricchire un dolce o un piatto particolare. Spesso, viene consigliato di sostituire il burro con la margarina, un grasso vegetale solido a temperatura ambiente, che per consistenza può ricordare il suo equivalente di origine animale, ma che ha un tenore di colesterolo notevolmente inferiore. Non sempre però è così immediato decidere di scegliere di utilizzare, per le nostre preparazioni, l’uno o l’altro ingrediente: il burro infatti, conferisce ai dolci più gusto e sofficità, mentre la margarina è leggermente salata e quindi poco indicata nella preparazione di torte e affini. Per contro però, quest’ultima sembrerebbe, almeno in apparenza, decisamente più amica di cuore ed arterie: quale utilizzare allora?

I grassi e loro funzione
Per meglio capire le differenze, non solo nutrizionali, tra questi due alimenti, iniziamo a capire cosa sono i lipidi e che differenza c’è tra quelli saturi e quelli insaturi.
Da un punto di vista strettamente chimico, essi sono dei composti insolubili in acqua che si possono più frequentemente trovare come acidi grassi singoli, oppure legati alla glicerina, fino ad un massimo di tre acidi grassi per molecola di glicerina. In questo caso si parla di trigliceridi (se alla glicerina sono legati tre acidi grassi), digliceridi (se gli acidi grassi sono due) o monogliceridi.
Nel nostro organismo i grassi svolgono diversi importanti ruoli: essi infatti, oltre a costituire un’importante riserva di energia, hanno una funzione isolante e ci proteggono dai traumi (basta pensare ai polpastrelli!), ma non è tutto. Senza gli acidi grassi non potremmo assorbire ed immagazzinare alcune importanti vitamine (quelle liposolubili, per l’appunto: A,D,E,K) e le nostre cellule non riuscirebbero a costruirsi la membrana.
Una volta assorbiti a livello intestinale, i lipidi vengono utilizzati dall’organismo per diversi scopi (produrre energia, sintesi di ormoni ed altre sostanze) ma, in caso di surplus, essi vengono inviati al tessuto adiposo, dove andranno a costituire una riserva energetica. Una caratteristica importante che influenza il destino dei grassi dopo il loro assorbimento è legata al fatto che essi siano o meno insaturi: i primi provengono principalmente da alimenti di origine vegetale e dai pesci, mentre i secondi si trovano più spesso in alimenti di origine animale.

Grassi animali e grassi vegetali

I grassi alimentari possono essere più o meno evidenti: ci sono infatti casi in cui la loro presenza è ben visibile, come nel prosciutto, mentre in altri casi è possibile risalire alla loro esistenza esclusivamente leggendo l’etichetta.
Solitamente, i grassi saturi si possono distinguere da quelli insaturi per il fatto che questi ultimi sono liquidi a temperatura ambiente, mentre i primi si presentano solidi: è il caso dell’olio di oliva e del burro, ad esempio. Fa eccezione la margarina che, pur essendo un grasso vegetale, è resa solida tramite un processo chimico, che trasforma gli acidi grassi insaturi in grassi saturi.
I grassi saturi, inoltre, hanno una maggiore tendenza ad essere trasformati in colesterolo “cattivo”, che poi si accumula sulle pareti delle arterie, determinando l’arteriosclerosi. I grassi insaturi invece sono tipici dei vegetali e dei pesci, e favoriscono la formazione del colesterolo cosiddetto “buono”, cioè l’HDL. Quest’ultimo ha il compito di prelevare il colesterolo dai tessuti e di trasportarlo al fegato, evitando così la formazione delle placche arteriosclerotiche. Il colesterolo “cattivo” invece è l’LDL e viene trasportato dal fegato ai tessuti e ha la tendenza a depositarsi sulle pareti arteriose, determinandone, nel tempo, l’ostruzione.
Da un punto di vista salutistico, come già detto, i grassi saturi hanno la prerogativa di far aumentare i livelli di colesterolo LDL, mentre i monoinsaturi entrano nel processo di normalizzazione dei livelli di colesterolo nel sangue, facendo diminuire l’LDL e lasciando inalterato l’HDL. I polinsaturi, infine, svolgono un’azione anticoagulante, inibendo l’aggregazione piastrinica e questo fa sì che il rischio di trombosi, ictus ed infarto diminuisca sensibilmente. Di quest’ultima categoria fanno parte anche gli acidi grassi essenziali, cioè quelli che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare e che vanno quindi assunti tramite l’alimentazione: essi sono l’acido linoleico, l’acido linolenico e l’acido arachidonico, meglio noti come Omega-3 ed Omega-6.

Ora che abbiamo definito i lipidi e le loro funzioni all’interno dell’organismo, possiamo analizzare i due prodotti in questione, il burro e la margarina, valutando pregi e difetti di ciascuno di due.

Il burro
Secondo la definizione contenuta nel Codex Alimentarius (codice standard di qualità e sicurezza per i prodotti alimentari internazionalmente riconosciuti, redatto dalla Fao e dall’Oms), il “burro” è un prodotto grasso derivato esclusivamente dal latte e/o da prodotti ottenuti dal latte, principalmente sotto forma di emulsione di acqua in olio. Per questo motivo, a differenza della margarina, può essere considerato un prodotto naturale e genuino.
Per quanto riguarda la sua composizione, per legge deve contenere almeno l’82% di sostanza grassa (percentuale che deve essere riportata in etichetta), il 16% al massimo di acqua e il 2% massimo di residui secchi non grassi, ossia le proteine del latte. L’alto valore energetico del burro (758 kcal), in realtà, si accompagna a tutta una serie di valori nutrizionali dall’aspetto interessante: 50 g di prodotto soddisfano il 15% del fabbisogno calorico medio giornaliero dell’adulto e il 25% di quello del bambino, senza costituire una fonte di colesterolo maggiore di altri grassi animali o altri alimenti, come ad esempio le uova. Inoltre la medesima quantità di burro è anche una preziosa fonte di vitamine, poiché fornisce il 15% del fabbisogno giornaliero del bambino di vitamina D (presente in quantità oltre dieci volte superiore alla margarina) e dal 20 al 50% di vitamina A, sia nel bambino che nell’adulto. Quest’ultima variazione di percentuale dipende dalla differenza che intercorre tra il burro prodotto in inverno e quello prodotto in estate, che contiene quasi il doppio di vitamina A.

La margarina
A differenza di quanto avviene per il burro, per produrre la margarina (che altrimenti sarebbe liquida a temperatura ambiente), si utilizza un processo chimico detto di idrogenazione dei grassi, che ne aumenta il punto di fusione (la temperatura cioè alla quale divengono liquidi), rendendola quindi solida. Questo prodotto può dunque essere definito come un grasso alimentare solido, usato in alternativa al burro e costituito da un’emulsione di olio vegetale e acqua, oltre a piccole percentuali di altre sostanze (additivi emulsionanti, antiossidanti, conservanti, coloranti e aromatizzanti). Poiché gli acidi grassi insaturi che compongono l’olio di partenza vengono idrogenati e quindi resi saturi, si ha un’inevitabile perdita degli acidi grassi essenziali di partenza. La legge italiana inoltre, consente l’uso di grassi di origine animale (escluso il grasso di maiale), ma in commercio si trovano quasi esclusivamente margarine vegetali. A differenza del burro però, la legge permette nella margarina anche l’impiego di additivi chimici, che forniscono un aspetto e un gusto accattivante a un prodotto che altrimenti non sarebbe affatto appetibile. Il suo vantaggio è di non contenere colesterolo, sostanza che invece è altamente rappresentata nel suo corrispettivo di origine animale, nel quale è però presente la vitamina D, di cui la margarina è priva, mentre è invece presente una maggior quantità di vitamina E, derivante dagli oli di provenienza. Va inoltre osservato che questo prodotto mostra un contenuto di sodio nettamente superiore a quello del burro, per via dell’aggiunta del sale, che, insieme ad altri additivi, le dona il caratteristico gusto.

Pro e contro
Ragionando quindi in termini di pro e contro, risulta evidente che la sola controindicazione del burro consiste nel suo livello elevato di colesterolo, a tutto vantaggio della margarina (ma anche dell’olio di oliva!). Quest’ultima però è un prodotto di derivazione chimica e può quindi contenere tracce dei composti utilizzati durante i processi produttivi. Essa inoltre è costituita prevalentemente da acidi grassi trans (cioè quelli ottenuti tramite la saturazione di un doppio legame), che non sono presenti in natura e sono sospettati di nuocere alla salute. Proprio per questo motivo, a partire da gennaio 2006 negli USA è obbligatorio indicare in etichetta la presenza negli alimenti di acidi grassi trans (derivanti dall’impiego di margarina come ingrediente o aggiunti tal quali), che tra i vari effetti negativi annoverano quelli di alterare la permeabilità e la fluidità delle membrane cellulari, inibiscono alcune reazioni enzimatiche e alterano la costituzione e il numero degli adipociti (le cellule di deposito del grasso), solo per dirne alcuni.
Gli acidi grassi saturi contenuti nel burro, invece, non sono da demonizzare in maniera così categorica, poiché la nostra dieta ne deve prevedere comunque un certo apporto (20 g al giorno). Queste sostanze infatti sono fondamentali per alcune funzioni del nostro organismo, tra cui l’assorbimento di vitamine liposolubili e la sintesi di alcuni ormoni.
Il consiglio dunque è, a parità di calorie ingerite, quello di ricorrere sempre all’utilizzo di alimenti genuini, quali l’olio di oliva e il burro che, nelle adeguate quantità, arricchiranno la nostra tavola di gusto e salute, relegando l’utilizzo della margarina ai soli casi in cui è espressamente consigliata dal medico.

La margarina contiene l’84% di grassi, contro l’82% del burro, e quindi fornisce più calorie, smentendo così il mito che essa sia più “leggera” o più digeribile del burro.

Cosa sono i grassi trans, quelli idrogenati, quelli saturi e quelli insaturi?
Non tutti i tipi di grassi sono uguali tra loro: all’interno di questa famiglia esistono molti gruppi diversi: vediamo quali.
Grassi Trans: molti composti chimici sono presenti in due forme, cis e trans, che pur avendo la stessa composizione, differiscono per una diversa disposizione nello spazio. Per le molecole biologiche questo può rappresentare un problema, poiché a un maggiore spazio occupato possono conseguire differenze funzionali, come nel caso della membrana cellulare. Gli acidi grassi trans in particolare sono nocivi perché innalzano i livelli di colesterolo LDL.
Grassi Saturi: sono generalmente più abbondanti nei prodotti di origine animale (escluso il pesce) e una loro assunzione eccessiva può causare anche un aumento del livello di colesterolo ematico.
Grassi Idrogenati: sono quelli a cui, per mezzo di un procedimento chimico, si sono aggiunti uno o più atomi di idrogeno, diminuendone il grado di insaturazione. Questo procedimento fa sì che i grassi in questione, prima liquidi, risultino solidi a temperatura ambiente.
Acidi Grassi Insaturi: sono di origine prevalentemente vegetale. Ne sono abbondanti gli oli vegetali, la frutta secca e il pesce. Quelli ad elevato numero di insaturazione (polinsaturi) e gli omega 3 e omega 6, sono particolarmente utili per la salute, poiché vengono impiegati dall’organismo per costruire delle molecole (ad esempio alcuni ormoni) e perché si ritiene possano ostacolare la formazione delle placche aterosclerotiche.

L'idrogenazione è diventata popolare nell’industria alimentare perché il prodotto così ottenuto non deperisce o diventa rancido così velocemente come gli oli normali e pertanto ha una durata maggiore, oltre ad essere decisamente più economico.

C’è burro e burro

Non tutti i burri sono uguali: la loro qualità varia molto a seconda della materia prima utilizzata, cioè la crema di latte. Poiché, infatti, una volta ottenuto questo grasso, le tecniche per arrivare al prodotto finito sono praticamente le stesse, il parametro che pesa maggiormente sulla sua qualità sono le metodologie con cui la crema viene ottenuta.
I migliori burri sono quelli cosiddetti “di centrifuga”, perché sono prodotti con la crema che, per mezzo della centrifugazione, viene separata dal latte fresco intero. La crema cosi ottenuta è sottoposta al trattamento di burrificazione. Mentre il latte restante (scremato) viene destinato al consumo umano. Con questo metodo, il più diffuso in Europa (dove è obbligatorio indicare in etichetta come si ottenga la crema), i tempi di produzione sono rapidi e le caratteristiche sensoriali e microbiologiche della crema di latte vengono alterate di poco, consentendo quindi la creazione di un prodotto di alta qualità.
Esistono poi burri ottenuti per affioramento, che è anche noto come “metodo all’italiana” e consiste nel fare riposare il latte (in genere per una notte) in grandi vasche, in modo da far separare naturalmente la crema, che affiora in superficie e viene poi raccolta per essere trasformata in burro.
Il burro così ottenuto è di qualità leggermente inferiore a quello di centrifuga, poiché lo stazionamento consente la moltiplicazione microbica e una maggiore acidificazione della crema di latte (spesso corretta tramite l’aggiunta di composti basici).
L’ultima tipologia di burro in commercio è quella ottenuta dal siero che residua dalla lavorazione del formaggio. Esso contiene infatti ancora una percentuale di grasso, che viene quindi recuperato e addizionato a crema di latte fresca per ottenere il prodotto finito. Il grasso recuperato dal siero è notevolmente acidificato e se fosse utilizzato da solo si otterrebbe un prodotto immangiabile: per questo motivo è prevista l’aggiunta di crema fresca, ma il prodotto così ottenuto è in assoluto quello con le caratteristiche qualitative peggiori.
Purtroppo la legislazione italiana sul burro è carente in materia di etichettatura e capire come sia stato ottenuto il burro che ci apprestiamo a consumare è praticamente impossibile. Non ci resta quindi che affidarci ai prodotti di aziende serie, che perseguono la qualità e che descrivono in etichetta le modalità di produzione. Diffidando chiaramente dei prezzi esageratamente bassi.

Per friggere usiamo il burro chiarificato o concentrato
Per legge il burro deve contenere l’80-84% di grasso, mentre la restante parte è costituita da acqua, proteine (tra cui la caseina del latte), lattosio e sali minerali. Alle alte temperature della frittura però l’acqua evapora, favorendo le reazioni di idrolisi degli acidi grassi e producendo alcune sostanze nocive. Questo fenomeno avviene quando il burro ha raggiunto il proprio punto di fumo, ossia la temperatura alla quale si inizia a vedere un fumo bianco sprigionarsi, che si caratterizza anche, per questo alimento, dal colore che vira al nocciola fino ad imbrunire completamente. Per evitare questo inconveniente, è stato messo a punto un burro particolare, il burro concentrato o chiarificato, che contiene una maggiore percentuale di grasso, fino al 99,8%, un’acidità massima dello 0,35% e una percentuale esigua di acqua. In questo modo le reazioni di idrolisi si riducono significativamente e il punto di fumo (la temperatura massima raggiungibile senza che avvengano danni) si alza, rendendo quindi possibile la frittura. Questo prodotto si trova in commercio, ma è anche possibile produrlo in casa, nel seguente modo: si fa sciogliere il burro a bagnomaria per 15-20 minuti. Dopo questo lasso di tempo si noterà la risalita di siero biancastro, contenente sia acqua che caseina coagulata, che andrà eliminato con l’ausilio di un filtro o di un canovaccio. Il burro concentrato così ottenuto si conserva in frigorifero e si utilizza per la frittura in ragione di un cucchiaino o due per volta, ma non oltre i 130°C.

Temperatura critica degli oli e grassi
Temperatura ideale di frittura 170/180° c

•    PALMA                      240° c
•    ARACHIDE                220° c
•    OLIVA                       210° c
•    STRUTTO, COCCO     180° c
•    GIRASOLE, SOIA       170° c
•    COLZA, MAIS            160° c
•    MARGARINA              150° c
•    BURRO                      110° c

 

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