Bevande

Acqua di rubinetto

Buona ma bistrattata

Le acque minerali italiane sono tra le più apprezzate al mondo, tanto che ne siamo il principale produttore ed esportatore. Della qualità dell’acqua che esce dai nostri rubinetti, invece, si sa ben poco, ed è un peccato, perché è davvero ottima.

Gli italiani sono tra i maggiori consumatori e certamente i più grandi produttori di acque minerali. La loro bontà è infatti apprezzata in tutto il pianeta, per via della leggerezza, del gusto e della purezza che le caratterizzano. Dagli anni ’80 questo prodotto, prima considerato alla stregua di una medicina, ha conosciuto un boom dei consumi, tanto che oggigiorno solo poche famiglie consumano abitualmente l’acqua del rubinetto. Gran parte del merito va certamente alle numerose campagne pubblicitarie, impostate generalmente sugli effetti salutari delle acque minerali, e quindi sulla necessità di bere bene per stare meglio. Non a caso, uno dei cavalli di battaglia utilizzati per persuadere il pubblico riguarda la leggerezza e la quantità infinitesimale di sodio che caratterizzano i prodotti in bottiglia. Argomenti che fanno molta presa sul consumatore, tanto da convincerlo a spendere delle autentiche fortune per acque talmente oligominerali da potersi tranquillamente utilizzare per il ferro da stiro, salvo poi fare scorta di costosissimi integratori di sali minerali, variamente arricchiti di conservanti e coloranti. Complici di queste scelte, però, sono anche il sapore non sempre ottimale dell’acqua di rete, unito alla presenza, in qualche caso, di “sassolini” (in realtà calcare) o odori non esattamente allettanti, oltre ad alcuni fatti di cronaca (come l’acqua all’atrazina per esempio), che hanno fatto pesantemente vacillare la fiducia dei consumatori.
Ma è davvero giustificato il ricorso alle acque imbottigliate? Di seguito cercheremo di sfatare alcuni luoghi comuni e di fare chiarezza sulle reali differenze tra queste due categorie .

Cos’è l’acqua potabile
Cominciamo con i parametri di legge: ecco la definizione dei quattro tipi di acque destinate al consumo umano, cioè le “acque idonee al consumo umano” (meglio conosciute come “acque potabili”), le “acque minerali “, le “acque di sorgente” e le “acque da tavola”.
Per acque potabili si intendono principalmente le acque distribuite tramite pubblici acquedotti, ma anche in cisterne, in bottiglie e altri contenitori, impiegate per usi domestici, nelle industrie alimentari e nella preparazione dei cibi e bevande.
Per essere considerata potabile un'acqua deve presentare alcuni requisiti, in particolare quelli stabiliti da apposite norme (DPR 236/1988 e D. L. 31/2001), che riportano le concentrazioni massime ammissibili (C.M.A.) per le sostanze che possono essere presenti nell'acqua destinata al consumo umano: il superamento di un solo dei parametri previsti determina la non potabilità di un'acqua. I limiti sono stabiliti tenendo conto dell'assunzione massima giornaliera su lunghi periodi, della natura del contaminante e della sua eventuale tossicità.
Le acque minerali invece, si distinguono per purezza, tenore in minerali e oligoelementi, per la provenienza da falde o giacimenti sotterranei attraverso sorgenti naturali o perforate e per l’assenza di qualsiasi trattamento di disinfezione e sono disciplinate dal D.L.. 105/1992.
Le acque di sorgente sono invece definite come acque destinate al consumo umano, imbottigliate alla sorgente allo stato naturale e, avendo origine da una falda o giacimento sotterraneo, provengono da una sorgente con una o più emergenze naturali o perforate (D.L. 339/1999). Per quanto riguarda le caratteristiche, le acque di sorgente sono paragonabili a quelle potabili, ma al pari delle acque minerali devono avere il requisito della purezza e non possono subire alcun trattamento di disinfezione.
Per finire, le acque da tavola non sono nient’altro che acque potabili sottoposte a trattamenti per migliorarne il gusto e vendute in bottiglia.

Note sulla legislazione
La legislazione sulle acque destinate al consumo umano è molto più severa nei confronti di quelle provenienti dalla rete idrica che non verso le minerali, poiché prevede controlli più scrupolosi e frequenti e pone dei limiti di tolleranza più bassi. Le prime, infatti, per essere definite potabili, non solo non devono "contenere microrganismi e parassiti, né altre sostanze, in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana", ma non devono superare neanche determinati valori massimi di sostanze non propriamente nocive per la salute. Ad esempio per le acque minerali non è obbligatorio segnalare in etichetta la presenza di nichel (responsabile di reazioni allergiche), mentre va ricercato in quelle di rete. Oppure l’arsenico (notoriamente tossico) che per le minerali si deve stare al di sotto dei 50 microgrammi per litro, contro i 10 previsti per le potabili, e via discorrendo. Inoltre, bisogna tenere presente che per le acque di rete i valori indicati sono i massimi consentiti, mentre per quelle minerali sono riportati solamente i valori al di sopra dei quali è obbligatoria la dicitura in etichetta. Per altre sostanze e caratteristiche, tra l’altro, la legge sulle acque di rete prevede dei "parametri indicatori" il cui superamento, pur non determinando necessariamente la non potabilità dell’acqua, impone una valutazione rimessa alle autorità sanitarie (le ASL), le quali potranno disporre "che vengano presi provvedimenti intesi a ripristinare la qualità dell’acqua".
Così, se il ferro supera il valore di 200 microgrammi per litro (un microgrammo è un milionesimo di grammo) o il manganese 50 microgrammi, le autorità sanitarie potranno ordinare all’azienda che gestisce l’acquedotto di predisporre trattamenti per abbassare tali valori.
Ferro e manganese non sono nocivi alla salute anche se superano un po’ i valori prescritti, anzi possono essere utili all’organismo, ma siccome l’acqua potabile viene utilizzata da tutti i consumatori senza che essi abbiano la possibilità di scegliere l’acqua che esce dal rubinetto, la legge ha previsto dei limiti di intervento per cercare di accontentare ogni gusto ed esigenza.
Vi sono invece sostanze per le quali sono prescritti valori massimi che non possono essere assolutamente superati, altrimenti l’acqua è dichiarata non potabile. Si tratta di sostanze nocive o indesiderabili e i valori massimi consentiti sono bassissimi e del tutto precauzionali.

Paese che vai, acqua che trovi
Da quanto detto fin qui, sembrerebbe che sia meglio consumare l’acqua del rubinetto: in realtà non sempre è così. Nella valutazione infatti bisogna sempre tenere conto della zona in cui si vive, perché se i controlli previsti dalla legge sono severi, non tengono però conto di molti fattori quali: sapore, odore e provenienza. La città di Ferrara, ad esempio, è una delle più accurate nelle analisi dell’acqua potabile, e ha un depuratore all’avanguardia, ma trovandosi alla foce del fiume Po, subisce gli scarichi delle città che la precedono lungo il corso del fiume, tra cui Milano, che solo di recente si è dotata di un depuratore. A Bologna, invece, la qualità dell’acqua è ottima, anche perché una quota importante proviene dalle sorgenti di Porretta, storica stazione termale dell’Appennino. Purtroppo, però, ha il grande problema che le tubature della città sono costituite al 90% di amianto cementificato, elemento, come sappiamo, altamente cancerogeno se in grado di sbriciolarsi e arrivare all’interno dell’organismo.
A questo proposito, vale la pena di ricordare che è comunque possibile ottenere informazioni molto precise sulla qualità dell'acqua che viene erogata. E’ infatti sufficiente rivolgere una domanda scritta al proprio Comune, all'Ufficio Acqua Potabile, o alla ASL competente per territorio, per ottenere i relativi dati di analisi. È bene invece diffidare delle analisi che vengono eseguite gratuitamente da chi propone depuratori, perché incomplete e mirate alla vendita.

Limiti espressi per legge sulle sostanze tossiche oltre i quali l’acqua è dichiarata non potabile
Sostanze    Valore massimo
(microgrammi/litro)
Arsenico            10
Benzene             1
Benzopirene   0,01
Boro                    1
Cadmio              10
Clorito              200
Cromo                50
Cianuro              50
Fluoruro            1,5
Mercurio               1
Nichel                 20
Nitrati                 50
Nitriti                 0,5
Piombo               10
Selenio               10
Vanadio              50

Qualche pregiudizio da smontare
Per maggior tranquillità è utile infine chiarire qualche legittimo dubbio:
• I sassolini che escono dal rubinetto impressionano a vedersi, ma non fanno male. Non sono altro che materiale inerte trasportato dall'acqua, oppure semplici incrostazioni di calcare, spesso formatesi a livello del frangigetto.
• Quando l'acqua esce torbida e biancastra, dipende dalla pressione del getto. È sufficiente lasciarla riposare in un bicchiere, perché torni limpida.
• L'odore di cloro che hanno alcune acque è sgradevole, ma non dannoso (il cloro si aggiunge per evitare che si sviluppino batteri). Anche in questo caso basta lasciare l'acqua a contatto con l'aria perché il cloro, volatile, se ne vada e l'acqua perda il suo odore.
• Se l'acqua presenta un colore rossastro, può dipendere dal ferro rilasciato dalle tubature. Succede solitamente dopo che il rubinetto è stato chiuso per lungo tempo, normalmente basta far scorrere l'acqua perché ritorni trasparente.

Acqua potabile: è sicura?
Insomma, bere un sorso d´acqua, il gesto più naturale del mondo, può essere una scelta gravida di conseguenze. Per la nostra salute in primis, ma anche per le nostre tasche, e per le tasche degli altri. Intorno alle acque minerali infatti si muove un giro d´affari di oltre 2500 miliardi di euro l’anno. L'Italia, dal 1990 è il primo produttore di acqua minerale naturale, con una quota (2002) di 10 miliardi e 700 milioni di litri prodotti e una media di consumo procapite di 160 litri. Il cui consumo, secondo Mineracqua, è in costante aumento. Le esportazioni negli ultimi cinque anni sono infatti cresciute al ritmo del 15-40% all'anno, fino a raggiungere i 1.083 milioni di litri nel 2002 con un incremento rispetto al 2001 del 21% (elaborazioni Ice su dati Istat), vendute perlopiù in Germania (25%), seguita dagli USA al 23% e dalla Francia al 17%, dalla Svizzera al 13%, dalla Gran Bretagna al 5% fino al Canada e Austria al 2%.

Il gioco però raramente vale la candela.
Nella maggior parte dei casi infatti, le acque di rete non hanno nulla da invidiare, se non forse il sapore, a quelle in bottiglia, delle quali hanno anche caratteristiche salienti simili, ovvero il ridotto tenore in sodio e l’estrema leggerezza, (enfatizzati dalle dichiarazioni in etichette espresse in grammi anziché in milligrammi per avere dati con cifre più piccole), mentre può variare anche significativamente la durezza, ossia il contenuto in carbonati (quelli che poi originano il calcare, per intenderci), influenzato anche dallo stato delle tubature. Anche le virtù terapeutiche tanto decantate, quali favorire il ricambio dei liquidi, stimolare la diuresi e combattere la ritenzione idrica sono comuni anche all’acqua di rubinetto. I pericoli dell'acqua potabile potrebbero essere legati alla presenza di germi, oppure di sostanze inquinanti dovute agli insediamenti urbani, alle tubature, alle pratiche agricole, agli scarichi industriali (da ricordare in particolare i fosfati, i nitrati, i metalli pesanti, come il cadmio e il piombo, nonché altre sostanze come i pesticidi e i solventi clorurati, tipo la trielina). Le indagini più recenti dimostrano, però, che anche a causa delle emergenze passate (come "l'acqua all'atrazina" in Lombardia), nella gran parte del territorio nazionale l'acqua oggi erogata rispetta ampiamente tutti i limiti di legge e spesso evidenzia una composizione migliore di quella di molte acque minerali. Solo in alcune zone, dove esistono condizioni particolari, sono state concesse deroghe temporanee ai limiti di legge e l'acqua potabile merita ancora d'essere guardata con diffidenza.
La differenza più significativa risiede dunque sul peso che la scelta di bere acque in bottiglie ha sul nostro portafogli. Il prezzo è infatti legato non tanto al costo o ai trattamenti subiti dalla materia prima, quanto a questioni di packaging in primo luogo, ma anche a spese pubblicitarie e di distribuzione. Il suggerimento resta dunque, in assenza di diversa indicazione medica o di evidenti problemi legati al luogo in cui si vive, quello di consumare in tutta tranquillità l’acqua di casa: è buona, sana e soprattutto economica.

Attenzione ai filtri
Spesso nella convinzione di migliorarne la qualità, si installano dei filtri per l’acqua del rubinetto. Il loro effetto però è quasi sempre limitato ai carbonati, la cui presenza viene notevolmente diminuita (ma ricordiamoci che un’acqua troppo povera in sali minerali non disseta!). Il rischio che si corre, però, è quello che i microbi contenuti nell’acqua in transito ristagnino e quindi proliferino all’interno del filtro stesso, con la conseguenza di bere un’acqua molto più contaminata di quella di partenza.

 

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