CIBO

Il cibo è per tutti noi la miglior cura”, sembra una citazione dei nostri tempi, e invece è una delle tanti frasi che Ippocrate, padre della medicina, soleva dire ben oltre 2.500 anni fa.

Di fatto, gli scienziati di tutto il mondo sono concordi nell’affermare che una corretta alimentazione fa stare bene e aiuta a prevenire molte malattie. Anche noi, semplici consumatori, conosciamo le conseguenze derivanti dalla carenza parziale o totale di cibo. Quante volte ci ritroviamo a dover aumentare le dosi di un certo alimento perché carenti di ferro o sofferenti di osteoporosi. Oppure spremere decine di arance per assimilare la tanto nota vitamina C, che ci aiuta a combattere i malanni invernali. Il guaio è che questo tipo di approccio, curarsi attraverso il cibo, viene limitato solo alle poche situazioni conosciute. Mentre in realtà, una corretta alimentazione, oltre ad aiutarci a prevenire malattie anche gravi, non ci fa ingrassare, ci rende allegri e ci fa stare bene fisicamente e psicologicamente.

Scagli la prima pietra chi, dopo un abbondante pasto, non sia ricorso al “pianto del coccodrillo”, lamentandosi di aver mangiato troppo e di sentirsi gonfio e appesantito, tanto da versare lacrime di penitenza e sperare che il cibo trangugiato si dissolva nel nulla. Purtroppo però non è così, tutto quello che mangiamo ci rimane addosso.
Meno male che le abitudini dei consumatori stanno cambiando, meno cibo e più salute. La tendenza è di pranzare con piatto unico e non più con primo, secondo, contorno e frutta. Senza però esagerare come chi salta i pasti o chi si limita al solo cappuccino e brioches, per poi cenare con una semplice carota, commettendo un grave errore di alimentazione!
Il vero dubbio “amletico”, sta nel capire la differenza tra il mangiare e il nutrirsi. Un conto è riempire la pancia; basta qualche panino. Diverso invece è conoscere le proprietà nutritive degli alimenti e le dosi necessarie per una corretta alimentazione. Oggi che la nostra condizione ci permette di poter scegliere tra tantissimi prodotti alimentari, l’errore più grave è proprio quello di non variare la propria dieta e di escludere determinati alimenti.
Quindi, nonostante ci sia un elevato livello d’informazione e di consapevolezza su ciò che fa bene o no, ben pochi seguono le giuste indicazioni. In pratica, tutti sanno che bisogna fare un’adeguata attività fisica, alimentarsi correttamente, idratarsi quanto basta, ma quasi nessuno applica queste regole basilari.
Probabilmente, il problema riguarda il proprio stile di vita, modificarlo è difficile. Dover rinunciare alle proprie abitudini è un sacrificio a cui pochi sono disponibili. E’ necessario, quindi, creare i presupposti perché avvenga questa correzione di rotta.
Ormai non ci sono dubbi, il punto di partenza per arrivare a modificare il proprio stile di vita è una corretta alimentazione, perché non richiede nessuna rinuncia ma, anzi, amplia la varietà dei cibi a disposizione. Senza contare che una tavola imbandita con diverse e colorate portate, porta gioia e ottimismo che sono il “sale” della vita.

Edamus, bibamus, gaudeamus!” - Mangiamo, beviamo, godiamo!
Una breve citazione latina per affermare e confermare il piacere che ogni commensale prova nel vedere una tavola imbandita di ghiottonerie gustose e profumate.
Intendiamoci, non sto parlando di mangiatori senza fondo, il cui semplice interesse verso il cibo è relativo al riempimento della propria pancia. Né tanto meno voglio rapportarmi alla solita “cicala” che pensa solo a mangiare, bere ed oziare in attesa della notte per riposare. Desidero semplicemente dare eco a tre semplici parole che esprimono il giusto legame con l’alimentazione, perché ho la netta sensazione che il sano e corretto rapporto con il cibo si stia smarrendo in un labirinto di indifferenza e qualunquismo.
Sarà la mancanza di tempo, i troppi impegni sociali, il borsellino che si ristringe sempre più, fatto sta che se si vuole assaporare qualche pietanza “diversa” bisogna andare al ristorante e… sono dolori, perché oramai ben pochi se lo possono permettere.
Il problema è che le nuove generazioni marciano a ritmo di amburgher e patatine fritte, qualcuno si spinge anche fino alla insostituibile pizza ma niente di più. Si sta perdendo la sana abitudine di cucinare, di utilizzare la cucina come luogo d’incontro e riflessioni tra genitori e figli.
Una volta per preparare il minestrone, il brasato o la semplice pastasciutta al pomodoro si dedicavano ore, oggi al massimo in dieci minuti si è in tavola. Basta il microonde e una pietanza precotta e il gioco è fatto. E’ una bella conquista, specialmente per chi lavora, ma se ci si abitua a questa modalità ci perdiamo tutta la nostra cultura e tradizione gastronomica. In fututo non saremo più in grado di riconoscere i singoli odori e sapori, perderemo l’esperienza e la capacità di valorizzare e abbinare i vari cibi fra loro, arriveremo al punto di comprare le uova già sode e pronte da ingoiare. Meditate gente... meditate!




 

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