Cottura dei cibi

Vizi e virtù dei metodi di cottura

Vizi e virtùdei metodi di cottura

Perché si cuociono i cibi e come mai esistono così tanti modi per farlo? Quali sono le ragioni che inducono ad utilizzare un metodo di cottura anziché un altro?

La cottura degli alimenti è un metodo di preparazione la cui origine risale all’era primordiale, quando gli ominidi cominciarono ad abitare la terra: infatti, dal momento in cui l’uomo ha imparato ad accendere il fuoco, il suo istinto lo ha guidato ad utilizzarlo (oltre che per riscaldarsi e per difendersi dagli animali) per la cottura delle carni, che risultavano così più digeribili e masticabili. Nel mondo animale l’uomo è il solo a adottare questo metodo di preparazione dei cibi, e quest’abitudine si è talmente radicata da influire e modificare anche il nostro percorso evolutivo: basta confrontare la nostra mandibola con quella degli antenati, per vedere che è meno sviluppata e sporgente rispetto alla loro che si cibavano di carne cruda.

Il primo cibo cotto è stato con tutta probabilità della carne alla brace. Questo ha consentito lo sviluppo in quell’alimento di circa 600 composti chimici in più rispetto a quelli di partenza, che le hanno conferito profumo, gusto, colore e consistenza differenti. Durante la cottura, infatti, avvengono nell’alimento delle importanti trasformazioni, sia delle sue qualità sensoriali che di quelle nutrizionali: per alcuni cibi queste trasformazioni sono desiderate, mentre per altri non lo sono, ed è quindi preferibile consumarli crudi.

I principali effetti che la cottura ha sugli alimenti sono i seguenti:
• Sanitizzazione, con la distruzione dei germi patogeni eventualmente presenti e delle tossine termolabili;
• Maggiore digeribilità legata alla denaturazione delle proteine presenti (lo stesso processo avverrebbe nello stomaco a causa del pH estremamente basso, ma ciò richiederebbe un tempo più lungo, con una permanenza del cibo all’interno dello stomaco più prolungata);
• Colorazione più intensa del cibo, dovuta alla caramellizzazione degli zuccheri presenti;
• Sviluppo di aromi volatili (profumi) e non (sapori);
• Maggiore masticabilità dovuta al rammollimento;
• Distruzione degli eventuali anti-nutrienti presenti nell’alimento crudo. Ad esempio, nell’albume è presente una proteina, l’avidina, che non rende più disponibile la biotina (vit. H): la cottura la denatura e quest’effetto cessa.
Accanto agli effetti benefici, esistono, come in tutte le cose, anche quelli negativi: una cottura troppo prolungata può essere causa della perdita di nutrienti, come le vitamine, i sali minerali ed alcun amminoacidi essenziali, nonché della formazione di alcuni composti secondari tossici, come il benzopirene per la cottura alla brace, o l’acroleina nelle fritture.

Ma cosa succedi ai principi nutritivi durante la cottura?

Carboidrati
Con il calore, gli zuccheri presenti nell’alimento caramellizzano, provocando un imbrunimento del prodotto. Quando questa reazione avviene sulla superficie, si assiste alla formazione di una crosticina scura (un tipico esempio è costituito dalla crosta del pane). Queste reazioni, note anche come reazioni di imbrunimento non enzimatico (non sempre desiderate), sono conosciute come Reazioni di Maillard e sono dovute alla reazione tra gli zuccheri e le proteine.
Della famiglia dei carboidrati fa parte anche l’amido, presente principalmente in pasta, riso e legumi. Esso si trova negli alimenti sotto forma di granuli rivestiti da una sottile membrana proteica: per far sì che l’amido possa essere digerito, è necessario che questa membrana si rompa, in modo che gli enzimi digestivi lo possano degradare in zuccheri semplici. La cottura denatura le proteine che la costituiscono, rendendo quindi la digestione dell’amido molto più facile e veloce (in alternativa quest’operazione viene svolta dal basso pH dello stomaco, ma richiede molto più tempo ed è meno efficiente). C’è da ricordare, inoltre, che a partire da circa 60°C, l’amido inizia a solubilizzarsi, perciò passa nell’acqua di cottura di pasta e riso, formando una soluzione più o meno collosa (a seconda del grado di cottura e del tipo di pasta): questo fenomeno si può minimizzare aggiungendo del succo di limone o dell’aceto, ottenendo, nel caso del riso (dove questo fenomeno è più evidente), dei chicchi ben separati.  

Proteine
Il calore denatura le proteine, rendendole più digeribili: quindi, di per sé, la cottura non arreca danni a questa classe di composti. In realtà, se la cottura è molto prolungata nel tempo, le proteine possono “ciclizzare”, cioè richiudersi su se stesse formando un anello, inattaccabile dagli enzimi digestivi. Ecco la ragione per cui a volte il bollito risulta di difficile digestione.

Grassi
Va ricordato che, oltre ai grassi presenti nell’alimento, anche quelli dei condimenti possono subire delle trasformazioni. Innanzitutto col calore quelli solidi fondono, divenendo liquidi. Alle alte temperature i grassi (trigliceridi) si decompongono in acidi grassi liberi e glicerina, che, per disidratazione (perdita di una molecola di acqua) può dare origine all’acroleina (o aldeide acrilica), una sostanza tossica per il fegato. La tendenza a dare questo tipo di reazioni varia a seconda del tipo di grasso utilizzato, della temperatura e della presenza di residui bruciati, in particolare se si ricicla l’olio di frittura. Nella fattispecie, per ciascun tipo di grasso esiste una temperatura, nota come PUNTO DI FUMO (quando la si raggiunge si sviluppa del fumo bianco) in cui inizia questo tipo di reazioni: tanto più alto sarà il punto di fumo del grasso utilizzato, tanto minore sarà la probabilità che si sviluppi l’acroleina durante la frittura.
L’olio di oliva e quello di arachide hanno punti di fumo elevati e sono quindi indicati per le fritture, mentre sono decisamente più bassi per il burro e la margarina.

TEMPERATURA IDEALE DI FRITTURA 170/180° c
Temperatura critica degli oli e grassi: “Punto di fumo”
• PALMA 240° c
• ARACHIDE 220° c
• OLIVA 210° c
• STRUTTO, COCCO 180° c
• GIRASOLE, SOIA 170° c
• VINACCIOLO, COLZA, MAIS 160° c
• MARGARINA 150° c
• BURRO 110° c

Vitamine e sali minerali

Mentre la perdita di sali minerali è dovuta sostanzialmente al loro passaggio nelle acque di cottura, per le vitamine il discorso è più complesso. A sciogliersi sono solo quelle idrosolubili (vit. C e l’intero gruppo B), ma l’estrema delicatezza di questi composti fa sì che anche il calore, la presenza di ossigeno, la luce o un ambiente acido le possano inattivare.

Perdite medie di alcune vitamine in seguito a cottura (%)

Alimenti

A

B1

B2

PP

C

Asparagi

25

25

5

15

30

Barbabietole

5

45

15

30

35

Bietole foglie e coste

30

35

20

20

45

Broccoli

20

25

10

20

40

Carote

8

30

-

20

45

Carne ai ferri-fritta

0

25

20

20

0

Carne arrostita-stufata

0

45

20

25

0

Carne lessata

0

65

30

50

0

Cavolo

30

35

20

20

45

Cavolfiori

5

45

20

30

35

Cereali

0

5

0

0

0

Cipolle

5

45

15

30

30

Fagioli freschi

5

45

20

30

35

Fagiolini verdi

25

35

20

25

50

Fagiolini secchi

-

16

0

16

-

Legumi secchi

0

16

0

16

-

Mais

5

35

15

30

35

Melanzane

5

45

20

30

35

Mele al forno

-

-

-

-

80

Patate

7

25

20

20

25

Piselli freschi

20

25

15

15

40

Sedano

5

45

20

30

35

Spinaci

25

35

20

20

45

Da: P.Cappelli, V. Vannucchi , "Chimica degli alimenti. Conservazione e trasformazione" Edizioni Zanichelli

Trattamento di cottura

Spinaci

Asparagi

Carote

Cavoli

Rape

Patate

Piselli

Pomodori

Bollitura

20-85

26-75

12-80

30-90

25-75

10-70

12-56

-

Pentola a pressione

22

18-20

22-25

22-26

24-37

10-15

12-36

-

A vapore

24-70

22

14-25

33-70

39

15-40

29-24

-

Inscatolamento

60-65

-

-

-

-

-

-

25

Frittura

-

-

-

-

-

30-60

-

-

 Perdite percentuali di vitamina C rispetto al trattamento di cottura

Da: P.Cappelli, V. Vannucchi , "Chimica degli alimenti. Conservazione e trasformazione" Edizioni Zanichelli


Le differenze tra i metodi di cottura
La temperatura a cui avviene il processo di cottura è uguale per tutti i metodi impiegati, e risulta essere di 100°C, ossia la temperatura di ebollizione dell’acqua contenuta negli alimenti (ad eccezione della pentola a pressione dove, per via della sovrapressione creata, si raggiungono i 120°C). Quello che cambia tra un metodo e l’altro è il modo in cui il calore si propaga all’interno del cibo, che, inoltre, determina oppure no la formazione di una pellicola superficiale più o meno evidente, che funge da barriera protettiva contro la perdita di nutrienti.
L’entità delle modificazioni indotte sul cibo, sia dal punto di vista quantitativo che da quello qualitativo sono fortemente influenzate dal metodo di cottura scelto. Si potrebbe anzi dire che per ogni cibo esiste un metodo di cottura ideale, che ne limita le perdite nutrizionali. Il principio di base, comune per tutti, è quello di fare in modo che queste perdite siano ridotte al minimo indispensabile. Ecco i pregi e i difetti dei più comuni metodi di cottura casalinghi:

La frittura
Nel caso della frittura è necessario distinguere tra alimenti a basso contenuto di grassi, quali ad esempio le patate e quelli ad elevato tenore. Nei primi, infatti, gli oli e i grassi utilizzati per la frittura penetrano nell'alimento e vi rimangono in quantità variabili dal 10 al 40%, per cui questo, una volta fritto, assume una composizione in acidi grassi simile a quella dell'olio utilizzato per la frittura. Negli alimenti ad elevato tenore di grassi, quali la carne o il pesce, non si registrano invece modifiche significative. E’ innegabile però che poche pietanze sono invitanti e irresistibili come una frittura dorata e croccante. La soluzione, come sempre, risiede nel buon senso: si possono includere i fritti nella nostra alimentazione limitandoci nella quantità e nella frequenza, in modo da non esagerare coi grassi senza privarci dei piaceri della buona tavola. E’ bene sottolineare che nella scelta del condimento da utilizzare va tenuta in considerazione la sua resistenza al calore (punto di fumo), in modo da evitare o limitare la formazione di sostanze nocive, quali ad esempio l’acroleina.

La bollitura
E’ uno dei più antichi metodi di cottura. Insieme alla cottura a vapore, consente l’eliminazione di condimenti aggiuntivi ed ha un effetto di lavante nei confronti dei grassi presenti negli alimenti. Per questi motivi risulta indicata in quei regimi alimentari che necessitino un ridotto apporto calorico ed in grassi. Una sua controindicazione è però rappresentata dal fatto che, la cottura in acqua, anche per via dei tempi lunghi, determina la perdita di buona parte dei principi nutritivi del cibo (in parte recuperabili tramite le acque di cottura): ad esempio la carne messa in acqua fredda e portata ad ebollizione, perde circa il 5 – 10% delle proteine, i grassi in quantità variabile, buona parte dei sali minerali (dal 50 al 70%) e circa il 30% delle vitamine del gruppo B e dell’acido pantotenico. La fuoriuscita dei nutrienti diminuisce notevolmente se la carne viene immersa in acqua già calda. Per gli ortaggi le perdite sono ancora maggiori, specie per quanto riguarda i sali minerali (in particolare calcio e potassio) e le vitamine idrosolubili (B e C): fa eccezione la vitamina A, il cui contenuto, essendo liposolubile e relativamente stabile al calore, non subisce significative variazioni. Seguendo il consiglio delle nostre nonne “sotto terra, acqua fredda; sopra terra, acqua calda”, si devono immergere tuberi, radici e bulbi in acqua fredda (sempre poca, per limitare le perdite!) e salata, mentre le verdure che crescono in superficie vanno immerse in acqua bollente e salata. Per i legumi vale un discorso a parte: poiché il contatto col calore gli farebbe perdere la buccia, è opportuno utilizzare acqua fredda o tiepida, avendo cura di aggiungere il sale a metà o a fine cottura.
Infine, per quanto riguarda la pasta ed il riso, il consiglio è di cuocerli in acqua bollente e salata: questo limiterà la fuoriuscita dell’amido in essi contenuto, grazie all’immediata cottura dello strato più esterno.

La cottura alla griglia
E’ uno tra i metodi di cottura più naturali che esistano e certamente il più antico. Sullo spiedo e sulla griglia le vivande cuociono in un ambiente asciutto, poiché il vapore che si produce si disperde nell’ambiente circostante: questo permette ai cibi di mantenere il loro sapore e, nel caso di cottura sulla legna, di arricchirsi anche degli aromi sprigionati da quest’ultima. Tutti i cibi si prestano ad essere grigliati: dalle carni, ai pesci, agli ortaggi e ad alcuni tipi di formaggi. Lo svantaggio che presenta questo tipo di preparazione, è la formazione di benzopirene (sostanza ritenuta cancerogena) nelle parti carbonizzate. Infatti, questo tipo di trattamento provoca la fusione dei grassi contenuti nelle vivande, che fuoriescono e colano sulla brace, andando incontro ad una reazione chimica nota come pirolisi, che provoca appunto la formazione di sostanze volatili, quali il benzopirene ed altri idrocarburi che, tramite il fumo prodotto, vengono assorbiti dagli alimenti sovrastanti. Utilizzando del carbone di legna o una piastra, la quantità di questi composti diminuisce notevolmente.

La cottura a vapore

Molto adatta per pesci e verdure, la cottura a vapore si rivela essere il sistema di cucina più sano e dietetico. Le pietanze infatti cuociono grazie al vapore che si sviluppa dall’acqua in ebollizione sottostante: questo evita il contatto diretto con essa e quindi l’effetto di solubilizzazione dei principi nutritivi. Inoltre, le temperature relativamente basse (inferiori ai 100°C) riducono notevolmente la perdita di vitamine e consentono di mantenere inalterati sapori ed aromi. Per questo motivo è possibile limitare l’utilizzo di condimenti, che comunque a queste temperature non cuociono, rendendo così il cibo facilmente digeribile.

La stufatura

Deve probabilmente il nome al fatto che per questa preparazione veniva appunto utilizzata una stufa, poiché essa consiste in una cottura più o meno prolungata (in funzione del tipo di pietanza) a temperatura relativamente bassa in una pentola chiusa con un coperchio, in modo che il calore sia mantenuto costante e diffuso uniformemente. In questo modo i cibi cuociono utilizzando i propri liquidi e grassi naturali, rendendo di molto inferiore la quantità di condimenti da aggiungere. Inoltre con questo sistema i principi nutritivi che fuoriescono dai cibi si raccolgono nel sugo di cottura (che si insaporisce) e quindi non vanno dispersi. Per quanto riguarda gli aromi, quelli che si liberano durante la cottura vengono assorbiti dal cibo nella pentola, che risulta quindi più gustoso. Questa tecnica risulta essere adatta praticamente per tutti gli alimenti.

La cottura in forno
Per evitare la disidratazione è bene introdurre i cibi a forno caldo, in modo che si formi subito la “crosticina”, che funge da barriera nei confronti della perdita di liquidi. In seguito, è consigliabile abbassare la temperatura, per fare in modo che la crosticina appena formata non si secchi troppo. Quest’ultima si può combinare con i grassi e gli aromi aggiunti, risultando così di sapore estremamente gradevole. Una piccola parte dei grassi e dell’acqua contenuti nell’alimento comunque fuoriesce, andandosi ad aggiungere al condimento ed arricchendo di gusto il nostro piatto.

Il forno a microonde

La cottura viene realizzata tramite la produzione di onde elettromagnetiche che hanno la funzione di mettere in agitazione le molecole di acqua contenute nei cibi, in modo da produrre attrito, che a sua volta genera calore. In questo caso, quindi, la cottura è più rapida ed uniforme e parte dall’interno, anziché dall’esterno. In tal modo la perdita di liquidi e nutrienti è irrisoria e dunque questo tipo di cottura si rivela ottima dal punto di vista nutrizionale, ma adatta per preparazioni semplici, dal punto di vista qualitativo. Infatti, vengono a mancare le condizioni per la formazione di odori e sapori caratteristici che invece si ottengono con gli altri metodi di cottura.

 

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