Cum grano salis

Cum grano salis

Una volta era considerato talmente prezioso da essere impiegato come compenso per il lavoro svolto (da qui il termine salario). Oggi il mercato ne propone un’ampia gamma, marino, di miniera (salgemma), iodato, iposodico e via discorrendo, ma tutti sembrano essere d’accordo nel dire che il suo uso vada limitato il più possibile. Ma perché fa male?

Insieme all’acqua, il sale è una delle sostanze più rappresentate sul pianeta. Il suo nome corretto è cloruro di sodio ed è presente, in quantità più o meno elevata, nella quasi totalità di cibi e bevande. Attualmente il suo impiego è talmente diffuso che alla domanda “quanto sale assumi quotidianamente?” pochi sarebbero in grado di rispondere con precisione. L’impiego di questa sostanza per insaporire gli alimenti non è però una moda recente: a cambiare è stata invece la sua disponibilità. Un tempo infatti il sale era considerato talmente prezioso da dedicarvi addirittura il nome di una città, Salisburgo appunto, nota per le sue preziose miniere, risalenti addirittura al 6500 a. C.
Insaporire però non era il solo scopo con cui il sale veniva impiegato: esso infatti era ed è tutt’oggi un ottimo conservante e soprattutto uno dei pochi disponibili in un’epoca in cui non esistevano frigoriferi e congelatori. Il sale infatti riesce a legare a sé l’acqua presente negli alimenti, sottraendola così ai microrganismi responsabili di alterazioni, oltre ovviamente a rendere più saporite le conserve a cui viene aggiunto. Nonostante le innumerevoli proprietà però, sono sempre più numerose le campagne informative che ne raccomandano l’assunzione limitata. Cerchiamo allora di capire perché non bisogna esagerare.

Vizi e virtù del Cloruro di sodio
Il cloruro di sodio, come tutti gli altri sali minerali, è un naturale componente dei fluidi corporei. Nella fattispecie, esso vi si trova scisso nei suoi due componenti: il cloro ed il sodio. Di questi due elementi, quello potenzialmente più dannoso per la salute è il sodio. Quest’ultimo infatti si trova nei fluidi esterni alle cellule, dove svolge diversi ruoli fondamentali, come contribuire alla regolazione dell’equilibrio acido-basico, essere implicato nella trasmissione dell’impulso nervoso, ma soprattutto nel bilancio idrico, in cui svolge un ruolo chiave.
Il mantenimento di un sufficiente quantitativo di sodio è fondamentale per l'organismo, tanto che i reni provvedono a riassorbire la maggior parte dell'elemento che tenderebbe invece ad essere espulso con le urine. La capacità del nostro corpo di recuperare questo minerale per evitare di disperderlo è unica e non avviene con gli altri elementi nutritivi. A rafforzare questa tendenza ad accumulare sodio è anche il fatto che esso viene assorbito nel colon con molta facilità e in percentuali molto alte rispetto al quantitativo totale assunto con l'alimentazione. Infine, se consideriamo che le perdite di sodio, soprattutto attraverso il sudore, sono comunque molto limitate, ecco che è facilmente comprensibile che carenze di sodio sono assolutamente improbabili con una dieta regolare, mentre molto più frequenti sono i casi di un'assunzione eccessiva dell'elemento stesso.
Un suo eccesso comporta il trattenimento di acqua all’interno dei tessuti, meglio noto come “ritenzione idrica”, determinando degli edemi (gonfiori) in varie parti del corpo. Una conseguenza più grave di quella strettamente estetica è il fatto che, aumentando il liquido contenuto nei vasi sanguigni, aumenta conseguentemente la pressione arteriosa ed è per questo che a chi soffre di ipertensione si consiglia di seguire una dieta a ridotto tenore di sodio. Chi soffre di pressione alta, infatti, ha un rischio molto maggiore di andare incontro ad ictus, insufficienza renale o a malattie cardiovascolari, rischio che aumenta ancora di più se sono contemporaneamente presenti altri fattori, quali la sedentarietà, il fumo, il soprappeso, l’alimentazione sbilanciata.

Cominciamo dalla dieta: quali sono i cibi ricchi di sodio?


Il sodio negli alimenti
Per poter ridurre l’apporto di sodio nella nostra dieta, è innanzitutto necessario conoscere in quali alimenti è più facile trovarlo. Esistono infatti dei cibi in cui questo elemento viene aggiunto volontariamente, come nel caso della cucina casalinga o del sale portato in tavola nella saliera, ed in questo caso risulta abbastanza semplice regolarne la quantità. In generale, questo tipo di sodio è circa un terzo di quello assunto durante l’arco della giornata. Altri alimenti poi, ivi compresi alcuni tipi di acque, sono per loro natura ricchi di questo elemento (carciofi, carote, spinaci, frutta secca, pesci grassi, molluschi, crostacei) e ne va quindi ridotto o eliminato il consumo (anche se va detto che, di norma, essi apportano solo il 10% dell’introito giornaliero di sodio). Esiste infine una terza classe di prodotti, quelli trasformati, in cui il sodio è aggiunto in svariate forme (sia come sale che come additivo, ad esempio, nel glutammato monosodico ) e non sempre è dichiarato in etichetta: questa rappresenta oltre il 50% del sodio ingerito quotidianamente. Come regolarci, allora?

Come ridurre l'apporto di sodio
Innanzi tutto, leggiamo sempre le etichette nutrizionali: oltre al sale (cloruro di sodio), dobbiamo prestare attenzione anche al bicarbonato di sodio, al nitrito e al nitrato di sodio, al glutammato monosodico ed al fosfato monosodico, che sono aggiunti agli alimenti con fini tecnologici o conservanti, ma rappresentano comunque una fonte di sodio. A tal proposito, la legislazione italiana consente che alcuni ingredienti non siano menzionati in etichetta, ma solo se il loro valore è molto basso, per cui non dobbiamo assolutamente preoccuparci dell’eventuale presenza di sodio non dichiarato: se non è menzionato vuol dire che la sua quantità è trascurabile. Cerchiamo comunque di orientare le nostre scelte verso quei cibi che non ne contengono che, in generale, sono quelli freschi e artigianali. In secondo luogo, limitiamo il più possibile il consumo di quei prodotti che senza ombra di dubbio contengono sale, quali i salumi, le conserve (ad esempio il tonno o le sardine) ed i formaggi stagionati.
A tavola, riserviamo l’aggiunta di sale alla sola acqua di cottura della pasta, sfruttando invece aromi e spezie per rendere più gustose le pietanze. Alle insalate, ad esempio, possiamo aggiungere del basilico, del sedano o della cipolla che, insieme ad un filo di olio extravergine di oliva,  le doneranno più sapore, rendendo superflua l’aggiunta del sale.
Per quanto riguarda le carni, sono da preferirsi quelle bianche, da insaporire con spezie ed aromi e limitando il più possibile l’utilizzo di grassi animali, mentre se si opta per il pesce, è meglio orientarsi su quello d’acqua dolce, riservando quello di mare, i molluschi ed i crostacei alle occasioni speciali.
Tra i formaggi, quelli freschi contengono decisamente meno sale rispetto a quelli stagionati, anche per via del loro maggiore contenuto di acqua, mentre per quanto riguarda frutta e verdura, se la prima non presenta controindicazioni di sorta, per la seconda categoria è invece bene prestare attenzione a carciofi, carote, finocchi, sedano e spinaci, poiché sono alimenti ricchi di sodio.
In generale, l'alimento che fornisce la maggior parte del sodio che tutti i giorni ingeriamo è il pane, seguito dalla categoria delle carni, pesci e salumi. Al terzo posto troviamo il latte e i formaggi, mentre è pressoché trascurabile l'apporto di sodio fornitoci dai prodotti dell'orto (ad eccezione dei prodotti sopraccitati) e dalla frutta.

La dieta esemplare
Seguire una dieta povera di sodio, tranne nei casi in cui sia prescritta dal medico, non vuol dire privarci di tutti gli alimenti più gustosi, ma il più delle volte significa solo imparare ad abbinarli meglio. Ad esempio, possiamo decidere in tutta tranquillità di gustarci una porzione di prosciutto crudo, a patto però di accompagnarlo a del pane toscano (senza sale), oppure un piatto di tortellini cotti in acqua non salata ed accompagnati da un condimento povero di grassi e ricco di aromi, in modo da richiedere una minima aggiunta di sale. L’importante quindi, è che quando decidiamo di consumare un alimento ricco di sodio, gli altri componenti del pasto non lo siano, così da non variare la quantità totale assunta nell’arco della giornata.
Un altro trucco per imparare ad usare meno sale consiste nell’abituare in mostro palato. La nostra percezione del salato, infatti, è proporzionale alla quantità che introduciamo normalmente con la dieta: più ne consumiamo, più ce ne serve per sentirne il sapore e viceversa. Abituandoci perciò gradualmente a consumare quantità di sale sempre inferiori, aumenterà anche la nostra sensibilità gustativa e di conseguenza ce ne servirà di meno per sentire gli stessi sapori di prima. A questo proposito, è indispensabile che l’abitudine ad utilizzare poco sale si abbia fin da piccoli: è infatti durante lo svezzamento che formiamo il nostro gusto, perciò, un bambino abituato a cibi poco salati sarà un adulto che non abuserà di questa sostanza.

 

Registrazione newsletter

Iscriviti per ricevere la nostra newsletter