Pentole e Cottura

Pentole in cucina

La preoccupazione per la qualità di quello che mettiamo nel piatto è oggi più che mai legittima, specie se teniamo conto dei recenti, e poco rassicuranti, echi di cronaca. Ciò nonostante, anche il cibo più sano e buono può essere rovinato da una cottura sbagliata o dall'utilizzo di una pentola inadatta allo scopo. Non a caso, in commercio esistono vari tipi di pentole, ognuna delle quali è più o meno adatta al genere d'alimento da preparare.

Le regole di un'alimentazione corretta, prevedono che dopo aver scelto i cibi giusti (cosa non facile), bisogna anche curarne la preparazione, in modo tale da non alterare il gusto e le proprietà nutrizionali dell'alimento cucinato. Quindi, e a meno che non si voglia mangiare tutto crudo, è importante sapere che le pentole da utilizzare devono essere di forma e materiale adatti al tipo di pietanza che si vuole preparare.
Le pentole più antiche di cui si abbia notizia erano realizzate in terracotta o in pietra ollare, mentre il primo metallo utilizzato per questi utensili fu il bronzo, seguito, in epoca medioevale, dal ferro, lavorati entrambi per fusione. Le pentole in rame fecero invece la loro comparsa soltanto nel 1700, epoca in cui si ha notizia anche di pentole in argento, evidentemente destinate alle cucine più ricche.
Fino al XIX secolo la forma predominante fu quella a otre, rigonfia e panciuta in vario modo, derivante direttamente dalle tecniche di lavorazione (la modellazione era, infatti, eseguita manualmente). Inoltre, tale forma era anche resa necessaria dal tipo di fonte di calore utilizzato a quell'epoca: la fiamma, infatti, lambiva il contenitore sospeso sul focolare da ogni lato. Fu a seguito della Rivoluzione Industriale che si diffusero le forme tubolari a parete perfettamente diritta, grazie alla creazione di torni più precisi per la lavorazione delle lastre metalliche. La comparsa delle piastre nelle stufe a legna o a carbone, infatti, rese necessaria la creazione di contenitori che avessero una base quanto più larga possibile, poiché il calore era trasmesso solo dal fondo e non più dalle pareti. A partire dalla seconda metà del 1800 fecero la loro comparsa le pentole in ferro smaltato, ma il vero successo lo ottennero quelle in alluminio, comparse a cavallo del secolo e in auge ancora oggi, mentre fu solo a partire dagli anni trenta che l'acciaio inox invase il mercato.
Oggi esistono centinaia di pentole diverse e non sempre è chiara la differenza tra le varie tipologie che il mercato propone: smaltate, in acciaio, in terracotta o alluminio e chi più ne ha più ne metta. Ma cosa comporta la differenza dei materiali sulla cottura finale? E perché le pentole hanno forme così diverse tra loro?

La forma e il contenuto

Partiamo dalla forma. Le pentole base si possono suddividere in casseruole e tegami o padelle. Le prime sono caratterizzate da bordi alti e servono per la preparazione di alimenti liquidi e/o voluminosi, che non potrebbero essere preparati in una pentola a bordo basso. Questo tipo di recipiente è impiegato per la preparazione di numerosissime pietanze: dalla pasta al brodo, dai sughi agli stufati, fino alle verdure al vapore e ai dolci, cosiddette cotture statiche. Le padelle invece si utilizzano per preparare tutti quei cibi la cui cottura sarebbe ostacolata da un bordo troppo alto: è il caso delle frittate, delle crêpes, delle bistecche e via discorrendo oppure dalle cotture al salto o dinamiche.

I formati oggi a disposizione sono praticamente infiniti, ma tra tutte le proposte, le più ricorrenti sono: la marmitta, la casseruola, il tegame, la padella, la casseruola ovale, il tegame rettangolare e la pesciera.
La marmitta o pentola, di forma cilindrica e munita di due maniglie, ha l'altezza uguale al diametro ed è adatta alla preparazione di brodi, bolliti e minestre di lunga cottura, cotture pertanto dette ad immersione. Solitamente di acciaio inox, questa pentola richiede che il sale nell'acqua di cottura sia aggiunto solo in fase di ebollizione, per facilitarne lo scioglimento ed evitare che aggredisca il metallo.
Caratterizzata da bordi un po' più bassi è invece la casseruola, solitamente in rame stagnato o alluminio, meglio se di forte spessore. Questa pentola è l'ideale per la preparazione di brasati, arrosti e risotti di ogni tipo, mentre la versione ad un solo manico è invece indicata per cucinare salse e creme.
Abbassando ancora di più i bordi, troviamo il tegame, che altro non è che una padella a due maniglie. Adatto alla cottura di cibi a pezzi, brasati o stufati, può essere utilizzato sia sui fornelli che in forno, ma può anche essere portato in tavola, specie se di rame, come contenitore di servizio.
Versione ad un solo manico del tegame è la padella, regno di frittate, omelettes e fritture in genere. Maneggevole per la cottura al salto, questo utensile consente inoltre un buon melange degli alimenti al suo interno grazie alla sua particolare forma svasata.
Proseguendo la nostra carrellata, incontriamo la casseruola ovale e il tegame rettangolare, la prima indicata per la preparazione di volatili interi e il secondo ideale per gli arrosti e la cottura al forno. Ultima ma non meno importante, è la pesciera, adatta per preparare con facilità ed eleganza pesci di grosse dimensioni nei modi più raffinati: bolliti, affogati, au bleu o in court bouillon.

L'importanza dei materiali

Un'altra caratteristica fondamentale delle pentole è rappresentata dal materiale di cui esse sono costituite. Alla base di tutto, infatti, vi è la modalità con la quale i differenti materiali trasmettono il calore. Nei ristoranti e nelle mense, generalmente, si usano pentole in alluminio, poiché, essendo un ottimo conduttore del calore, questo materiale consente una maggior precisione nella regolazione del calore, oltre ad un considerevole risparmio energetico. Quest'aspetto è invece marginale per una famiglia normale, in cui gli aspetti importanti sono la resistenza dei manici, l'aspetto estetico e la facilità d'uso.
La pentole ad uso domestico più diffuse sono quelle in acciaio inox e in lamiera smaltata. Le prime sono solitamente fabbricate con una lega di acciaio, cromo e nichel (il nichel serve ad evitare la ruggine), anche se ne esistono delle versioni più economiche, prive di quest'ultimo elemento, che si riconoscono facilmente, poiché risultano sensibili alle calamite. Questo materiale non è un ottimo conduttore di calore e per questo motivo, per favorire un riscaldamento più omogeneo e evitare che i cibi si attacchino e brucino, questi recipienti sono spesso forniti di un fondo nel quale sono inseriti degli strati di rame o alluminio. Per contro però, la loro scarsa conducibilità consente una maggior persistenza dei liquidi pertanto sono più indicati per le cotture ad immersione in cui i cibi non cuociono per diretto contatto con fondo e pareti del recipiente.
Per quanto riguarda le casseruole smaltate, esse sono più spesso costruite con lamiera di ferro o ghisa e poi ricoperte con una resina adatta all'uso alimentare. Il problema è che lo strato di smalto è assai fragile, in particolar modo ai bordi, e si riga facilmente. Le pentole di migliore qualità sono fornite di un bordo cerchiato in acciaio, che protegge lo smalto, ma ha il difetto di trattenere dei residui di cibo. Rispetto a quelle in acciaio, le pentole smaltate trattengono meno il calore, in particolare quelle in lamiera lo disperdono di più rispetto a quelle in ghisa smaltata.
I tegami in alluminio sono i migliori conduttori di calore e lo diffondono anche in maniera più uniforme, tanto che, se sono di alluminio puro al 99%, i cibi non si attaccano in un solo punto, come può succedere con le pentole in leghe d'acciaio. Questo materiale, impropriamente ritenuto causa di cessione agli alimenti durante la cottura, è stato ufficialmente dichiarato idoneo dall'Istituto Superiore di Sanità, a seguito delle prove eseguite in collaborazione con l'Istituto Nazionale di Nutrizione, confrontando pentole in alluminio puro e in pirex (materiale che non cede residui) è risultato che la cessione è praticamente insignificante, essendo pari ad un sessantesimo della dose giornaliera tollerabile, oltretutto dovuta maggiormente ai cibi ingeriti (l'alluminio è presente nelle fragole, nei cereali, nell'acqua) piuttosto che ai contenitori in cui sono cotti. E' invece sconsigliato conservare per lunghi periodi dei cibi acidi o salati all'interno di queste pentole (ad esempio la salsa di pomodoro, le salamoie o le marinate), poiché l'ambiente acido e i sali minerali intaccano più facilmente questo materiale.

La patina scura che si forma all'interno delle pentole in alluminio non va rimossa, poiché è una barriera protettiva inerte che si forma spontaneamente, perciò durante il lavaggio si può tranquillamente evitare l'utilizzo di pagliette abrasive, preferendo, al limite, la parte ruvida delle normali spugne in commercio.

Altri materiali
Oltre a quelli già citati, esistono altri materiali utilizzati per la produzione di pentole. Uno di questi è il rame: sicuramente bello, ma estremamente delicato. Questo è un ottimo conduttore, garantisce il massimo controllo della cottura ed è uno dei preferiti dagli chef. Il discorso cambia se il suo utilizzo avviene a livello domestico: questo materiale è, infatti, molto costoso e necessita di una frequente manutenzione, spesso tutt'altro che agevole. Se esposto all'umidità, il rame può ossidarsi formando un composto tossico, il ben noto verderame (utilizzato come antiparassitario). Per evitare che questo accada, le pentole devono essere sottoposte a una periodica "stagnatura", effettuata da personale specializzato. A tal fine, esistono in commercio delle pentole foderate in acciaio inox, che impedisce il contatto tra il rame ed il cibo.

Il pirex, invece, è un particolare vetro, trattato in modo da resistere al calore e agli sbalzi di temperatura. Questo materiale, oltre a essere di facile pulizia, è praticamente inattaccabile dal cibo e si rivela ottimo per la cottura, anche se, essendo un pessimo conduttore di calore, è indicato per quei tipi di cottura che non prevedano una fiamma diretta, quali il forno o la cottura a microonde.

Anche la terracotta non è un buon conduttore, poiché si riscalda lentamente, ma altrettanto lentamente si raffredda. Adatte solo ad alcuni tipi di preparazioni, che necessitino di una lunga cottura, queste stoviglie non sono eccezionali dal punto di vista igienico. La vernice che solitamente le riveste, infatti, può assorbire alcune sostanze che si sviluppano durante la cottura, con il rischio che con la preparazione delle pietanze successive queste si trasferiscano al cibo, compromettendone l'igiene e alterandone il gusto. Preferibili in questo caso le pentole in pietra ollare, maggiormente igieniche e ideali per stracotti e stufati poiché capaci di mantenere a lungo il calore.

Una grande innovazione e un grande aiuto in cucina si sono avuti grazie all'avvento delle padelle antiaderenti: comode e sicure, sono realizzate in alluminio rivestito di materiale plastico. Queste padelle, infatti, garantiscono una rapida e uniforme distribuzione del calore, consentendo nel contempo un minor impiego di grassi ed una facile e veloce pulizia. L'antiaderente è stato a lungo messo sotto accusa, perché sospettato di essere cancerogeno. In realtà, questo materiale è completamente inerte nei confronti del cibo e non è assorbito dall'organismo, perciò, anche nell'ipotesi che ne ingerissimo qualche parte, sarebbe espulso tal quale con le feci. In ogni caso, è sempre buona norma sostituire le padelle che presentano il fondo rigato e non utilizzare con questo tipo di stoviglie degli utensili di metallo, che potrebbero rigarle.
Tornando alle pentole smaltate (di ghisa o in acciaio porcellanato), possiamo osservare che ormai il loro utilizzo è relegato più che altro a fattori estetici, per via della loro somiglianza ai recipienti antichi. In realtà lo smalto utilizzato è duro, ma poco resistente e si incrina con facilità. I suoi frammenti, se ingeriti, possono creare danni all'apparato digerente.
 
Non siamo tutti cuochi
Ad ogni buon conto, indipendentemente dal materiale o dalla forma scelti, il segreto di un buon piatto risiede senz'altro nell'amore e nell'impegno di chi lo prepara: se preparato con cura, infatti, anche un banale uovo al tegamino saprà trasmetterci l'affetto e il calore della persona che l'ha cucinato per noi. E in caso di cattiva riuscita…..apprezziamo almeno l'impegno!

La scoperta dell'acrilamide nel cibo
Per molte migliaia di anni le persone hanno utilizzato il calore per cucinare. Tuttavia, il processo di cottura, durante la preparazione dei sapori, di miscele di odori e colori, può anche portare alla formazione di sostanze dannose. Uno di questi composti è l'acrilamide che durante gli ultimi anni ha destato un grande interesse scientifico e mediatico.
L' acrilamide è una sostanza neurotossica e ad alte dosi ha la capacità di causare un danno al tessuto nervoso. Si sa anche che negli animali, alte dose del composto, causano cancro e agiscono sulla riproduzione.
L'acrilamide si può formare negli alimenti durante i processi di cottura che arrivano a temperature di 120°C o più alte, per esempio friggendo, cuocendo al forno e arrostendo. Originariamente è stata rilevata acrilamide in patate fritte, patatine, biscotti e crackers, crostini di pane, cereali per la prima colazione, patate arrosto, prodotti di panetteria e caffè. Ulteriori indagini hanno rilevato la presenza di acrilamide nella frutta secca, nella frutta al forno, nelle olive nere e in alcune noci tostate.
Altri alimenti contribuiscono meno del 10% sul totale. L'assunzione di acrilamide all'interno dell'UE varia fra 0,3-1,4 microgrammi per kg di peso corporeo al giorno, e in base alla dieta nazionale.3
Fino ad ora non sono stati trovati livelli di acrilamide in alimenti che sono stati bolliti, cotti o cucinati al vapore. Questo si può spiegare con la temperatura massima di queste tecniche, che non supera i 100°C, e dall'assenza di una reazione di rosolatura.

Che livelli di acrilamide si trovano negli alimenti?

Gli scienziati sono comunemente d'accordo nel ritenere che gli alimenti contenenti alti livelli di acrilamide sono quelli fritti, fritti in abbondante olio o cotti al forno, come torte, pane e patate fritte. Il comitato congiunto di esperti sugli additivi alimentari (JECFA, Expert Committee on Food Additives) riporta che gli alimenti che contribuiscono maggiormente al consumo totale di acrilamide per la maggior parte dei paesi sono le patatine (16-30%), patatine croccanti (6-46%), caffè (13-39%), dolci e biscotti (10-20%) e pane e panini/toast (10-30%).2

Cosa dobbiamo fare?
Mentre la scienza è in continua evoluzione nel ricercare mezzi per ridurre la formazione di acrilamide durante la preparazione dei cibi, i consumatori devono evitare l'eccessiva temperatura (esagerato imbrunimento) degli alimenti cotti. Seguire le istruzioni di cottura riportate sulle confezioni e cucinare con utensili adeguati rappresentano un valido aiuto per raggiungere questo obiettivo. Inoltre, i consumatori devono cercare di variare le tecniche di cottura includendo soprattutto la bollitura, la cottura a vapore e metodi simili che contribuiscono a ridurre al minimo la formazione di acrilamide. Tra i prodotti che possono avere elevate quantità di acrilamide ci sono anche gli alimenti ricchi di energia, questi prodotti devono essere consumati con moderazione in una dieta salutare ed equilibrata.
Dati: "Consiglio Europeo di Informazione sull'Alimentazione (EUFIC)".

 

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