La pasta italiana

Tradizione e bontà

Si pensa che la Pasta, intesa come maccheroni e non come semplice impasto, sia originaria della Sicilia: nella località di Trabìa, presso Palermo, si fabbricava un particolare cibo di farina in forma di fili, chiamato con il vocabolo arabo "itriyah".
Del resto è assodato che la pasta non sia di origine cinese: si ha infatti una testimonianza scritta, risalente al 1244, in cui un medico bergamasco ordina al suo paziente di “non mangiare la pasta”; il rientro di Marco Polo in Italia avvenne invece solo nel 1292!

Cos’è la “pasta italiana”?
Secondo la legge italiana, sono denominati "pasta di semola di grano duro" e "pasta di semolato di grano duro" i prodotti ottenuti dalla trafilazione, laminazione e conseguente essiccazione di impasti preparati rispettivamente e esclusivamente:
a) con semola di grano duro e acqua;
b) con semolato di grano duro e acqua.

La legge italiana vieta l’utilizzo di farine di grano tenero per la produzione di pasta secca (la cui presenza è tollerata in misura del 3%), mentre lo ammette per le paste fresche. Questo divieto non riguarda le paste di produzione estera presenti sul mercato italiano, a patto che ne indichino la presenza in etichetta. La differenza sostanziale sta nella qualità del prodotto: la pasta ottenuta dal solo grano duro, infatti, tiene meglio la cottura rispetto a una in cui sia presente il grano tenero, che però costa decisamente di meno.

Il mercato ci offre un’ampia gamma di tipologie e formati di pasta: quella secca, quella fresca (la prima con un’umidità massima stabilita per legge del 12,5%, che sale al 30% per la seconda), quella fresca stabilizzata (conservabile a temperatura ambiente), quella integrale e quella ripiena. Di recente, inoltre, il mercato ha affiancato alla pasta tradizionale, additata come portatrice di troppe calorie, altri tipi di pasta, prodotti a partire da materie prime differenti: ecco allora fare il loro ingresso la pasta di mais, quella di riso, quella di farro e quella di soia.

Tipologia e formati
La pasta in Italia viene prodotta in un’infinita varietà di formati. Iniziamo con l'individuare le tre grandi categorie: pasta lunga (spaghetti, linguine, tagliatelle, fettuccine, ecc.), pasta corta (maccheroni, penne, fusilli, farfalle, ecc.) e pasta cortissima (ditalini, pennette, ecc.). Vi è poi la cosiddetta pastina: si tratta di formati molto piccoli (farfalline, anellini, stelline) che di solito vengono usati per le minestre più delicate o cucinati semplicemente in brodo.

La pasta si distingue anche in liscia o rigata. Alcuni formati sono esclusivamente lisci o esclusivamente rigati (un esempio per tutti sono i cosiddetti “rigatoni”); altri, come a esempio le penne, sono disponibili nelle due versioni.
Tali differenziazioni, oltre a soddisfare la fantasia e la creatività dei produttori, hanno una precisa funzione nell’accostamento con i vari condimenti possibili. La pasta rigata di solito trattiene meglio il sugo rispetto a quella liscia. Ciò è vero anche per certi formati di pasta ritorta, come i fusilli, che grazie alla loro forma a spirale tendono a intrappolare il condimento. I sughi, anche quelli più ricchi (a esempio con verdure a pezzi) tendono a insinuarsi spontaneamente all’interno dei formati a conchiglia (conchiglie) o quelli tubolari di media grandezza (maccheroni, pipe, lumache).
I formati tubolari più grossi, come i cannelloni, sono invece fatti per essere riempiti di sugo o di altro ripieno e gratinati al forno alla maniera delle lasagne.

Tra i formati lunghi, gli spaghetti sono sicuramente quelli più versatili, oltre a essere certamente i più famosi nel mondo. Dare indicazioni sul loro impiego culinario equivale a limitarne le possibilità. In ogni caso, tra i condimenti a loro più congeniali vi sono i sughi di pomodoro fresco e basilico, i sughi a base di frutti di mare e le salse veloci (aglio, olio e peperoncino).
Un'altra famiglia di formati di pasta lunga è composta da bavette, linguine e trenette, che si distinguono dallo spaghetto per la loro forma piatta, a nastro sottile, e si sposano particolarmente bene con il pesto e con i frutti di mare.

Vi è poi la pasta lunga e sottile forata (bucatini, ziti), ideale coi sughi vegetali a base di peperoni, melanzane, zucchine, carciofi, funghi, olive, capperi, erbe aromatiche.
Nell'ambito delle paste corte, quelle piatte, come a esempio le farfalle, sono ideali nell’accostamento a salse cremose e delicate (a base di panna e salmone, panna e caviale), sughi di formaggio e verdure (a base di ricotta e spinaci, gorgonzola e aromi freschi) oltre a essere tra i formati più adatti alle insalate di pasta fredda. Le altre paste corte in genere si sposano bene con i ragù a base di manzo, maiale, salsiccia, funghi e con sughi di verdure.
I formati di pasta cortissima sono ottimi con sughi di legumi conditi col pomodoro o anche nelle minestre di legumi.

Veniamo infine alla pasta all'uovo, generalmente venduta in matassine (“nidi”). Tagliatelle e fettuccine si servono generalmente asciutte e sono ideali soprattutto con i sughi “alla cacciatora” (a base di cacciagione) e con sughi delicati amalgamati con la panna (prosciutto e piselli, funghi, salmone affumicato).
Grazie anche al proliferare di forme, formati e varietà in cui la pasta viene oggi prodotta in Italia, la sua presenza si è allargata in maniera esponenziale e non solo all’interno dei confini nazionali, contribuendo a creare i piatti più diversi e fantasiosi e a diffondere la gastronomia italiana nel mondo.

Il grano duro: questione di “qualità”
Prodotto versatile e unico, la pasta italiana ha avuto la capacità di superare confini geografici e culturali, innescando nuove tendenze di consumo come non è mai successo a nessun altro prodotto alimentare al mondo. L’incidenza della domanda estera sulla pasta italiana ha ormai superato il 50% della produzione, e in effetti si tratta dell’alimento made in Italy maggiormente esportato.
Ma un elemento emblematico dell’interesse suscitato dalla pasta nel mondo, è il continuo incremento della lista dei Paesi produttori: accanto ai fortissimi Stati Uniti e ai Paesi europei più vicini geograficamente e culturalmente, sono in crescita Paesi come il Perù, l’Egitto, la Polonia, la Turchia e il Giappone.
Negli Stati Uniti, poi, il successo della pasta è travolgente (consumata in circa 9 kg a testa ogni anno), è molto richiesta nei grandi ristoranti italiani, mentre con il “take away” si aprono vere e proprie catene di piccoli ristoratori. Per tali motivi gli Stati Uniti sono divenuti il primo produttore di pasta dopo l’Italia e svariate aziende italiane produttrici di pasta secca hanno aperto stabilimenti direttamente sul territorio statunitense, per garantire al mercato la reale qualità della pasta italiana e per aggirare gli onerosi dazi doganali imposti dagli Usa alle importazioni italiane di pasta secca.

Quello della qualità, in effetti, è una questione annosa poiché la legislazione italiana, a differenza di quella degli altri Stati europei e extraeuropei, prevede che possano essere impiegati per la produzione della pasta esclusivamente semola di grano duro e acqua. La legge italiana, inoltre, stabilisce determinati requisiti, quali il tenore di umidità, di ceneri, di cellulosa e di proteine. La pasta che viene prodotta al di fuori dell’Italia, invece, è un prodotto spesso lontano da tali standard qualitativi, anche perché può essere prodotta tramite l’impiego di farina di grano tenero.

C’è da dire, in effetti, che molti altri Paesi produttori hanno optato per l’uso esclusivo di semola di grano duro per la produzione di pasta e cercano di offrire un prodotto di buona qualità. Tuttavia, la pasta italiana rappresenta comunque il prodotto di qualità per eccellenza e resta inconfondibile grazie alle sue caratteristiche di elasticità, resa e tenuta in cottura.
Di questo sono consapevoli i consumatori di tutto il mondo, i quali, anche in presenza di pasta prodotta localmente, attribuiscono al prodotto italiano un valore più elevato. La competizione con i produttori locali, inoltre, è di stimolo a mantenere alto il livello qualitativo della nostra offerta, anche in termini di servizio e differenziazione. Non è da sottovalutare il fatto che le produzioni locali contribuiscono, grazie alla loro maggiore diffusione sul mercato, a diffondere la conoscenza della pasta, allargando gli spazi di penetrazione per il prodotto italiano.

Complessivamente si stima che nel mondo vengano prodotte circa 12 milioni di tonnellate di pasta.

L’Italia si conferma leader assoluto del mercato mondiale, con oltre 3 milioni di tonnellate di pasta prodotte, quindi l’industria italiana della pasta non teme ancora concorrenti in termini di volumi, grazie ai 127 stabilimenti di produzione di pasta secca e ai 31 di pasta fresca, che nell’insieme rappresentano un potenziale produttivo di 4.900.000 tonnellate.

La pasta preferita, in Italia e all'estero
Stando a quando riferito dalla rivista “Guardian”, gli inglesi prediligono gli spaghetti alla Bolognese; secondo quanto dichiarato da “El Mundo” in Spagna sono particolarmente apprezzate le lasagne, mentre i dati della National Pasta Association, che registrano le preferenze dei cittadini statunitensi, mettono al primo posto gli spaghetti, seguiti da lasagne e maccheroni al formaggio.
E gli italiani?
Secondo un'altra indagine - dove si afferma che la pasta in Italia si porta in tavola almeno una volta al giorno, due al Sud - pare che il formato prediletto dagli abitanti del Bel Paese siano i maccheroni: preferiti dal 56% degli intervistati, particolarmente apprezzati per la loro versatilità. Dopo i maccheroni vengono gli spaghetti (12,1%), che sono preferiti soprattutto dagli uomini e gustati al sugo e al dente. Il 7,2% degli intervistati, infine, predilige le penne, le più amate dai giovani. Seguono a ruota fusilli, farfalle, conchiglie, tortellini, linguine, tagliatelle e gnocchi..... e chi più ne ha più ne metta!

Mercati esteri
E’ però sul mercato estero, che vale oltre il 50% della produzione nazionale, che la pasta ha realizzato le performances migliori: i consumi sono infatti in costante crescita, tanto che le esportazioni hanno superato i consumi nazionali. Un dato molto positivo se si tiene conto dell’aumento delle materie prime e il rapporto negativo del cambio euro/dollaro.
Oltre il 60% delle paste esportate è stato assorbito da solo cinque paesi, che in ordine di consumi sono: Germania (20%), Francia (16%) e Regno Unito (15%). USA e Giappone che si confermano rispettivamente al quarto e quinto posto, con una quota pari, rispettivamente al 7% e 5%. Un dato estremamente importante per capire la potenzialità del mercato mondiale.

 

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