Politica cage-free

Oltre 150 aziende in Italia hanno un impegno cage-free, ma mancano all’appello grandi marchi come Amadori, Granarolo e La Piadineria 

A differenza della decisione di oltre 150 aziende che operano in Italia di pubblicare un impegno a non rifornirsi di uova provenienti da allevamenti di galline rinchiuse in gabbia, riportando anche pubblicamente i progressi fatti finora per completare la transizione, catene come La Piadineria e Fratelli La Bufala non hanno ancora assunto un impegno pubblico sul loro sito. 

Migliaia di aziende in tutto il mondo hanno deciso di prendere ufficialmente le distanze dalla pratica degli allevamenti in gabbia per le galline ovaiole. L’assunzione di questo impegno avviene attraverso la sottoscrizione di una policy cage-free da parte di un’azienda che dichiara di aver già completato una transizione a sistemi di allevamento senza gabbie oppure si impegna a farlo entro una data prestabilita, non oltre il 2025. 

Aziende come Aldi, Coop, Giovanni Rana, Ferrero, Barilla, Balocco, Galbusera, Markas, Gruppo Selex, Eataly e Lidl dispongono di una politica cage-free pubblica sul proprio sito, a differenza di altri grandi marchi. Tra questi, nel settore della grande distribuzione, manca all’appello Gruppo Végé, azienda che raduna oltre 31 aziende associate.

Nel settore alberghiero, IH Hotels e MSC Crociere rischiano di non stare al passo con alcuni competitor come Bluserena, Star Hotels, Hilton e Costa Crociere. Per quanto riguarda i produttori, Eurovo, Sabbatani e Coccodì hanno assunto un impegno fondamentale a effettuare una transizione a sistemi senza gabbie, al contrario di Gruppo Veronesi (che comprende AIA), Amadori, Ovofast, Cascina Italia e Parmovo.

Anche l’azienda Granarolo, conosciuta per la produzione di latte e che negli ultimi anni ha investito in alternative a base vegetale, sul sito non dispone di un impegno relativo alle uova con il proprio marchio. Tra le aziende c’è anche chi ha rimosso la policy cage-free, rischiando così di non mantenere l’impegno preso: è il caso di Dussmann Italia, azienda leader nel settore della ristorazione collettiva e dei servizi integrati.

All’interno delle gabbie, le galline hanno a disposizione uno spazio vitale pari a quello di un foglio A4. Senza possibilità di esprimere alcun tipo di comportamento naturale, le galline sono costrette a vivere stipate insieme agli altri animali affrontando sofferenze estreme. 

“I consumatori vogliono vedere la fine delle gabbie e le aziende hanno la possibilità di avere un impatto concreto sulla vita di milioni di animali coinvolti nelle filiere. Quelle che hanno deciso di adottare e rendere pubblico il proprio impegno cage-free sono andate incontro agli attuali standard di mercato e alle opinioni dei consumatori, rispondendo a una chiara esigenza di cambiamento” dice Ombretta Alessandrini, responsabile delle campagne di Animal Equality Italia.

Secondo l’ultimo Eurobarometro promosso dalla Commissione Ue nel 2023, in Italia il 90% degli intervistati ritiene che tutelare il benessere degli animali allevati sia importante. L’attenzione dei consumatori riguarda in particolare il benessere delle galline ovaiole, ritenuto insufficiente dal 47% degli intervistati. La stessa percentuale dichiara inoltre di essere disposta a pagare di più per prodotti provenienti da sistemi di allevamento maggiormente rispettosi del benessere animale.



Ufficio Stampa Animal Equality Italia


 

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