Latte
I diversi tipi di latte in commercio
Sul mercato italiano è possibile trovare innumerevoli tipologie di latte: fresco pastorizzato, microfiltrato, UHT, sterilizzato, Alta Qualità. Ma in cosa differiscono tra loro e quali si adattano meglio alle nostre esigenze?
Il latte è il primo nutrimento che assumiamo quando veniamo al mondo. Contiene tutti gli elementi che garantiscono al neonato una corretta crescita e, per almeno sei mesi, è il solo alimento che il bebè è in grado di prendere. A livello nutrizionale il latte è, tra tutti i cibi, secondo solo all’uovo per completezza di elementi e valore nutritivo: contiene infatti proteine di elevato valore biologico, vitamine e sali minerali, in particolare il calcio in una forma altamente biodisponibile. Anche se in natura è riservato solo ai cuccioli, questo alimento riveste una particolare importanza nella dieta di tutte le categorie di persone, in specifico per le donne in gravidanza, i bambini e gli anziani, e in tutte le occasioni in cui il fabbisogno di calcio (1 mg al giorno) risulti aumentato. Da sempre l’uomo conosce le sue virtù e per questo motivo è riuscito a trasformarlo in vari prodotti (yogurt e formaggi), così d’averlo sempre a disposizione.
Secondo la legislazione italiana (legge 169/89) con il termine ”latte” si intende il prodotto della mungitura regolare, completa e ininterrotta di bovine in buono stato di salute e nutrizione.
Da un punto di vista chimico-fisico, il latte si presenta come un’emulsione contenente acqua, grassi, proteine, zuccheri, vitamine, sali minerali ed enzimi in proporzione variabile, in funzione della specie che l’ha prodotto (il latte di mucca ha una composizione leggermente diversa da quello di bufala o di pecora) e, all’interno della stessa specie, a seconda della razza, dell’età dell’animale, della fase di lattazione e delle tecniche di alimentazione e allevamento.
Il latte che non ha subito alcun trattamento viene indicato come “latte crudo” e prima di essere consumato è sottoposto a un trattamento di sanificazione (non è destinato al commercio al dettaglio).
Sul mercato è invece possibile trovare numerose tipologie di latte, che differiscono tra loro per via del trattamento che hanno subito, del titolo in grasso o di eventuali aggiunte di elementi benefici per la salute. In particolare, negli ultimi tempi ha suscitato notevoli polemiche l’immissione sul mercato di un nuovo tipo di latte, quello microfiltrato, denominato “fresco” anche se la sua data di scadenza era superiore a quella prevista dalla legge, cioè di 4 giorni dal confezionamento. Vediamo nel dettaglio allora, la differenza tra i vari tipi di latte in commercio.
Latte microfiltrato
Innanzitutto, subito dopo la mungitura, il latte deve essere portato ad una temperatura di 4°C nel più breve tempo possibile, in modo da rallentare la moltiplicazione dei microrganismi presenti. Una volta giunto in azienda, il latte viene sottoposto al processo di omogeneizzazione, per impedire la separazione della fase grassa da quella acquosa. Questo trattamento consiste nella rottura dei globuli di grasso in particelle più piccole, che fanno molta più fatica ad aggregarsi tra loro e tornare a galla. L’operazione ha anche l’effetto di rendere il latte più digeribile, poiché le goccioline lipidiche riescono ad essere digerite e assorbite molto più facilmente. Il passo successivo è la correzione del titolo in grasso: si sottrae la frazione lipidica desiderata, in modo da ottenere latte intero, parzialmente o totalmente scremato.
A questo punto il latte è pronto a subire il trattamento di sanificazione. Nel caso del latte microfiltrato, si opera la separazione totale della fase grassa da quella acquosa. Solo quest’ultima subisce un trattamento di microfiltrazione, ossia viene fatta passare attraverso un sistema di filtri in grado di trattenere buona parte dei microrganismi presenti. A questo punto le due fasi vengono riunite e il latte viene pastorizzato. Il vantaggio di questa tecnica consiste nel fatto che la quantità di microrganismi eliminati è di molto superiore rispetto alla pastorizzazione. Quest’ultima ha infatti il solo scopo di eliminare i batteri patogeni, mentre la microfiltrazione abbinata alla pastorizzazione elimina quasi tutti quelli presenti, con la conseguenza che il latte dura di più. Per ottenere lo stesso risultato con il solo trattamento termico (pastorizzazione spinta) il latte dovrebbe essere sottoposto a temperature superiori a 72°C (che è quella solitamente usata per la pastorizzazione) e per un tempo notevolmente più lungo, con la conseguenza di provocare un danno termico che altererebbe notevolmente le proprietà nutritive del latte.
Latte fresco pastorizzato
Per quanto riguarda il latte fresco pastorizzato, secondo la legge n° 54 del 1997, esso deve essere sottoposto ad un trattamento termico (da 72 a 100°C per tempi variabili da 2 a 30 secondi) tale da indurre minime alterazioni del latte, pur riducendo la carica microbica totale ed eliminando i batteri patogeni eventualmente presenti. Questo latte, secondo la legislazione italiana, deve essere confezionato entro 48 ore dalla mungitura e la sua scadenza è fissata a 4 giorni dal confezionamento (e da qui è nata la questione se denominare “fresco” il latte microfiltrato, che, pur avendo caratteristiche nutrizionali uguali a quello pastorizzato, ha una data di scadenza notevolmente superiore ai 4 giorni fissati dalla legge), conservandolo ad una temperatura compresa tra 1 e 6°C. La legge 54/97 individua una sottocategoria: il latte fresco pastorizzato di alta qualità. Questo latte ha un contenuto più elevato di proteine e grassi e ha una migliore qualità igienica del latte di partenza, che deve provenire esclusivamente dalle stalle o dai centri di raccolta consortili o cooperativi.
Da un punto di vista nutrizionale, il latte fresco pastorizzato è quello migliore, poiché ha una composizione che è la più vicina a quella del latte crudo.
Latte a lunga conservazione
Sul mercato è inoltre possibile trovare dei tipi di latte che, essendo stati sottoposti a dei trattamenti termici più drastici, si conservano più a lungo e non necessitano della refrigerazione: si tratta del latte UHT e del latte sterilizzato. Scopo del trattamento UHT (Ultra Higt Temperature) è quello di eliminare la microflora presente nel latte di partenza (comprese le spore), in modo da rallentare al massimo i processi degradativi provocati dagli enzimi (proteasi e lipasi) contenuti nel latte. La sterilizzazione con il trattamento UHT è studiata in modo da minimizzare il danno termico che il latte subisce, mantenendo quanto più possibile inalterate le sue proprietà nutritive, che divengono tuttavia inferiori rispetto al latte fresco pastorizzato. Il latte viene portato per qualche secondo (minimo 135°C per un secondo) ad una temperatura che può variare tra i 135 ed i 155°C: poiché permane per un tempo brevissimo ad alta temperatura, esso subisce un danno termico estremamente ridotto, a fronte di una pressoché totale distruzione della microflora presente (la sterilità assoluta è impossibile da ottenere). In questa maniera, il prodotto ottenuto si conserva per 90 giorni a temperatura ambiente. Esiste però anche un tipo di latte che si conserva per ben sei mesi a temperatura ambiente: è i latte sterilizzato vero e proprio. Il trattamento che subisce (da 115 a 130°C per 15-20 minuti) consente infatti anche la distruzione degli enzimi, le lipasi e le proteasi, che non vengono distrutti con il trattamento UHT e che sono responsabili delle alterazioni del latte nel lungo periodo. Il danno termico che il latte subisce è, in questo caso, ingente e le sue proprietà nutrizionali, soprattutto in termini di proteine e vitamine, risultano notevolmente compromesse.
Intero, parzialmente o totalmente scremato?
Oltre che per la sua durata, il latte che si trova sul mercato può differire anche per il suo tenore in grasso: quello intero è quello che ne contiene di più (3,6%). Il latte parzialmente scremato presenta invece una percentuale di grasso pari all’1,5%, valore che scende allo 0,2% in quello totalmente scremato. Insieme al tenore in grassi, variano, ovviamente, anche le calorie che ciascun tipo di latte fornisce: si passa dalle 640 di un litro di latte intero alle 470 di quello parzialmente scremato, fino alle 360 di un litro di latte scremato. I latti a ridotto tenore in grasso sono particolarmente indicati per coloro che debbano seguire delle diete ipocaloriche o che abbiano problemi di colesterolo. In assenza di queste indicazioni, è consigliabile consumare il latte intero, poiché i grassi sono parte integrante di una dieta bilanciata e quelli contenuti in questo prezioso alimento sono tra i più digeribili che esistano in natura.
Latte speciale
Accanto a queste tipologie di latte, sono sorti, specialmente negli ultimi anni, i latti arricchiti. Nonostante, infatti, questo alimento abbia di per sé una composizione molto ricca, può essere addizionato di ulteriori principi nutritivi (vitamine, sali minerali ed acidi grassi essenziali) che lo rendono adatto alle esigenze di determinate persone. Troviamo infatti latte arricchito in ferro o addizionato di vitamina E o di omega-3, elementi di cui si può andare più facilmente in carenza e che si è pensato allora di aggiungere in un alimento destinato al consumo di massa, qual’è appunto il latte. Inoltre, poiché è stata provata l’azione benefica che alcuni microrganismi, i cosiddetti probiotici, hanno sulla nostra salute, da qualche tempo spopolano sul mercato dei tipi di latte a cui sono stati aggiunti questi microrganismi, spesso in associazione con la fibra solubile, che è un valido alleato del nostro intestino e che, in questo caso, ha la funzione di aiutare a creare un ambiente favorevole alla sopravvivenza dei probiotici nel lume intestinale. Una giusta presenza di questi batteri è infatti essenziale per la buona salute di tutto l’organismo: essi rinforzano il sistema immunitario, aiutandolo a combattere germi nocivi e virus, producono enzimi e vitamine (come la K ed alcune del gruppo B) e contrastano in maniera efficace l’assorbimento di sostanze dannose.
Latte bio
Dal 2000 è infine possibile trovare sugli scaffali, a fianco dei latti tradizionali, il latte biologico, ottenuto da animali allevati in spazi idonei al loro benessere e alimentati a loro volta con mangimi biologici, ricavati senza l’ausilio di pesticidi, antiparassitari e ogm. Quando si acquista un latte biologico è importante assicurarsi della presenza, sulla confezione, di un marchio di qualità, che assicuri l’idoneità del prodotto, accompagnato dal nome dell’ente che la certifica. La presenza di questo marchio è obbligatoria e rappresenta un’ulteriore garanzia per il consumatore.
Lo stile di vita moderno ci lascia sempre meno tempo libero e non sempre è possibile fare la spesa quotidiana. Questo ha incentivato l’utilizzo di prodotti a lunga conservazione, tra i quali il latte che però, con questo trattamento, perde alcune delle sue preziosissime proprietà nutritive. Cerchiamo quindi, per quanto possibile, di non privarci del latte fresco e dei suoi insostituibili vantaggi!
Per chi è intollerante?
Per chi è intollerante al lattosio, esistono dei tipi di latte in cui questo zucchero è stato “predigerito”, in modo da ridurre sensibilmente eventuali problemi legati al suo consumo. Sempre a tal fine, è stato recentemente messo in commercio il latte di pecora/capra, che non contiene la alfa S-1 caseina, una proteina del latte vaccino che è spesso causa di allergie.
Caratteristiche del latte di pecora
Il latte ovino presenta delle notevoli differenze rispetto a quello vaccino, sia per quanto riguarda la composizione che per la microflora residente. Innanzitutto il colore: alla vista, il latte ovino si presenta di un bel bianco porcellanato, più chiaro rispetto a quello di mucca, per via della minor presenza di carotene. Inoltre, poiché ha un minore contenuto di acqua, si presenta leggermente più denso. Va ricordato che la composizione del latte può essere molto variabile anche all’interno della stessa specie, per via di fattori genetici, di alimentazione, in base alle condizioni di allevamento e allo stato di lattazione. In linea di massima comunque, presenta un contenuto di proteine e grassi superiore.
Il grasso è la componente che più delle alte subisce modificazioni durante il corso della lattazione. Inizialmente, infatti, si pone su valori abbastanza alti, per poi diminuire nei successivi 50-60 giorni, durante i quali aumenta però la produzione di latte. In seguito il suo tenore aumenta di nuovo, in misura anche notevole (la differenza tra l’inizio e la fine può arrivare fino al 30%) e solitamente il latte proveniente dalla mungitura serale è più ricco in grassi. Il valore medio, comunque, si assesta intorno al 7,13%. Per quanto riguarda la tipologia, i grassi presenti sono per il 98% trigliceridi, fosfolipidi per lo 0,8% e in quantità minori acidi grassi liberi. I più rappresentati sono il palmitico e l’oleico, ma sono presenti anche acidi grassi a corta catena, come il caprinico e il caprilico, responsabili del sapore spiccato dei formaggi.
Per quanto riguarda le proteine, esse variano in maniera meno significativa durante il corso della lattazione, mantenendosi intorno a valori di circa il 6%. In generale, esse tendono ad aumentare nel tempo, cosicché il latte si arricchisce di caseine e proteine solubili.
I preziosi acidi grassi
Questo prodotto, da sempre incluso nella dieta Mediterranea, in particolare per quanto riguarda i formaggi, è recentemente stato oggetto di studio da parte di alcuni ricercatori, che hanno scoperto una sua importante funzione di prevenzione nei confronti delle malattie cardiovascolari e del tumore del colon e della mammella.
Si è infatti visto che cambiando l’alimentazione di questi animali, sostituendo gli ormai diffusissimi insilati con erba fresca, si riduceva in maniera significativa (fino al 40%) la concentrazione di acido miristico e palmitico, in favore di quelli butirrico e rumenico (fino al 500%), che si sono rivelati estremamente importanti per la salute. Gli acidi miristico e palmitico sono infatti considerati nocivi, in quanto favoriscono l’insorgenza di malattie cardiovascolari, mentre il butirrico è un potente modulatore della microflora intestinale, previene i tumori al colon e agisce da anti diabetico. L’acido rumenico, infine, gode di eccezionali proprietà salutari: previene la formazione di colesterolo cattivo, mentre la stimola per quello buono (prevenendo quindi le malattie cardiovascolari) e ha un buon potere antinfiammatorio e stimolante nei confronti del sistema immunitario giocando un ruolo attivo nella prevenzione del cancro alla mammella e al colon. L’acido orotico, infine, stimola la produzione delle proteine del nucleo cellulare, esercitando quindi un effetto rigenerante per gli anziani ed è un veicolo del magnesio, un elemento che esercita un’azione anticancerogena.
Indicato per chi non può bere latte vaccino
Il latte di pecora (ma anche quello di capra) grazie alla struttura delle sue proteine e dei suoi grassi risulta più digeribile di quello vaccino. Considerando quindi il numero di persone che sono allergiche o intolleranti al latte tradizionale, quello ovino rappresenta senz’altro una sana e gustosa alternativa. Se non riusciamo a trovarlo in commercio però, ricordiamoci che l’Italia vanta una storica produzione di formaggio pecorino, che porta in sé, mantenendole inalterate, le preziose proprietà del latte da cui deriva.