La filiera

LA FILIERA DELLA CARNE BOVINA E SUINA

Sembra una parola legata all’industria meccanica, ma in realtà con il termine “Filiera” s’intende far conoscere e garantire tutte le fasi di allevamento e produzione dei prodotti alimentari, siano essi a base di carne, di latte o di vegetali. Cerchiamo quindi di capire le terminologie relative e come funziona il sistema.

La filiera della carne è l’insieme delle fasi di produzione che dalla materia prima portano al prodotto finito: dalla scelta del bestiame alla distribuzione del prodotto nei punti vendita, passando attraverso il settore mangimistico, zootecnico e sanitario, le tecnologiche di lavorazione, i trasporti, gli stoccaggi e le transazioni commerciali. Si pensi alla filiera come ad una catena ancorata al consumatore finale, dove gli anelli rappresentano le singole fasi di produzione; è facile comprendere che, se pur uno solo degli anelli non funziona, tutta la catena ne risente, anche se tutti gli altri lavorano al meglio. Se, ad esempio, un agricoltore utilizzasse dei mangimi non ammessi o che fossero contaminati, questi potrebbero essere presenti anche nella bistecca che arriva sulla nostra tavola, o persino nel salume del panino; questo oltre a determinare un grave rischio per la nostra sicurezza alimentare, determinerebbe una perdita di fiducia nell’intera filiera.

Rintracciabilità e tracciabilità
Mucca pazza, diossina nei polli, aflatossine nel latte. Sono solo alcune delle emergenze alimentari che negli ultimi anni hanno messo in discussione la sicurezza di quello che arriva sulle nostre tavole. Ma esiste un sistema che consenta di seguire tutta la vita di un prodotto, dalla produzione al consumo e viceversa? Questo sistema esiste, si definisce rintracciabilità e a partire dal 1° gennaio 2005 è obbligatorio per tutte le aziende del settore alimentare.
La rintracciabilità è definita all’Articolo 3 del Regolamento n. 178/2002 del Parlamento Europeo (che ha fatto seguito al "Libro bianco" sulla sicurezza alimentare, emanato il 12 gennaio 2000) come “la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione”; in pratica significa avere la possibilità di ripercorrere il processo produttivo da valle a monte, dal prodotto finito all’origine della materia prima. Questo consente, in caso di emergenze sanitarie o di frode, di individuare esattamente il punto preciso in cui si è verificato l’errore, capirne le cause, ritirare dal commercio, se necessario, tutti i prodotti appartenenti allo stesso lotto e mettere in atto azioni correttive e preventive.
Ovviamente non si può rintracciare il percorso del prodotto se prima non è stato tracciato.
Con il termine tracciabilità si indica il percorso da monte a valle, la possibilità di seguire le materie prime, i luoghi e le tecniche di produzione lungo la filiera produttiva.
Tracciabilità e rintracciabilità sono dunque due importanti strumenti in grado di offrire al consumatore finale, tramite le informazioni in etichetta, maggiore trasparenza, garantendogli nel contempo un elevato grado di sicurezza e, se abbinate a sistemi di controllo e autocontrollo (ISO 9001/2000, manuali HACCP), anche un elevato grado di qualità.

La rintracciabilità della filiera della carne bovina
Nel caso specifico della carne di bovino, in risposta all’allarme BSE (Encefalopatia Spongiforme Bovina) o “malattia della mucca pazza”, il Parlamento Europeo, mediante l’emanazione del Regolamento CE n. 1760/2000, istituisce l’obbligo di etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carne bovine, consentendo così la tracciabilità e la trasparenza delle informazioni ai consumatori. Dal 1° gennaio 2002 le carni bovine sono immesse al consumo corredate di etichetta riportante il codice di identificazione dell’animale, il paese di nascita e di allevamento, il paese e il numero di approvazione del macello e del laboratorio di sezionamento, ed eventuali informazioni facoltative (tipo di alimentazione, razza, categoria, età, sistema di allevamento). Parallelamente è stata istituita la Nuova Anagrafe Bovina Nazionale che consente di registrare tutte le informazioni riguardanti la “storia” di ogni singolo capo allevato; tali informazioni sono riassunte sul “passaporto”, documento che accompagna l’animale in ogni suo spostamento fino al macello.

La rintracciabilità della filiera della carne suina
Per quanto riguarda l’applicazione della rintracciabilità nel settore della carne di suino, esistono due differenti approcci a seconda se si tratta di produzioni tutelate o non tutelate. Le prime, ossia le produzioni DOP e IGP sono definite come “insieme di allevamenti, macelli e laboratori di sezionamento, stabilimenti di lavorazione ubicati in un determinato territorio ed iscritti, volontariamente, in elenchi di strutture abilitate”; qui la rintracciabilità è basata su un sistema di anagrafe e di controllo di tutti gli aderenti alla filiera che consente di rendere certe la provenienza e la tecnica di produzione. Per quanto concerne le produzioni non tutelate il tema lascia ampi margini interpretativi, poiché esse non sono soggette a regolamentazioni da parte di organizzazioni ufficialmente riconosciute. In alcuni casi tale approccio può essere certificato volontariamente, applicando le norme Uni En Iso o altre tipologie di standard qualitativi europei, al giorno d’oggi molto richiesti dalla Grande Distribuzione Organizzata.

La zootecnia biologica
In risposta alle sempre maggiori richieste di sicurezza degli alimenti e con lo scopo di offrire al consumatore una maggiore qualità non solo del prodotto, ma dell’intero processo produttivo, con particolare riguardo alla salvaguardia dell’ambiente e al rispetto del benessere degli animali, si sviluppa la zootecnia biologica. Le caratteristiche che l’allevamento biologico deve avere sono stabilite nel Regolamento CE 1804/99, che integra il Regolamento CEE 2092/91 sulle produzioni biologiche. Esso definisce le modalità di conversione da allevamento tradizionale a biologico, l’alimentazione degli animali (che deve essere costituita da alimenti biologici e per gli erbivori deve essere garantita anche attraverso il pascolamento), le razze e l’origine degli animali, le cure veterinarie, i metodi di gestione zootecnica, il trasporto e l’identificazione dei prodotti animali, la quantità di deiezioni zootecniche disperdibili sul territorio, le caratteristiche dei pascoli e degli edifici zootecnici.
La zootecnia biologica può assolvere anche ad altre due importanti funzioni: da un lato può contribuire in maniera significativa alla salvaguardia del territorio, ripopolando e rendendo economicamente vantaggiose alcune aree marginali della regione Lombardia; dall’altro può assumere notevole importanza nella salvaguardia e recupero della biodiversità, agendo come nucleo di sviluppo per razze autoctone. In questo contesto la produzione animale biologica sta assumendo le caratteristiche di una produzione qualificata, passando velocemente da un mercato di “nicchia” ad uno comprendente una fascia più allargata di utenti.

COSA SONO I SALUMI
Con il termine salumi si intendono i prodotti carnei (non esclusivamente quelli di carne di maiale) che prevedono l’utilizzo del sale non solo come ingrediente, ma anche come conservante. Il sale svolge un’azione molto importante, perchè disidrata i tessuti, ferma lo sviluppo dei microrganismi dannosi e favorisce invece quelli che esercitano un ruolo positivo nella maturazione e nella stagionatura. Essi possono essere classificati in:
• crudi o cotti, a seconda che il processo di lavorazione preveda o no una cottura totale o parziale; in entrambi i casi possono anche essere affumicati;
• masse muscolari intere o insaccati, a seconda che si facciano impasti misti di tagli magri (es. prosciutto crudo) o di tagli adiposi tritati ed insaccati in involucri naturali o artificiali (es. salame);
• freschi o stagionati, a seconda che il prodotto sia consumato subito, come nel caso delle salsicce, o debba subire un periodo di maturazione variabile, come ad esempio per bresaole, salami, prosciutti crudi.
Il punto di partenza è la carne, suina, bovina o di altre specie, della quale si utilizzano dei tagli scelti, che vengono mondati e, nel caso dei salami, triturati. Sia che si tratti di salumi ricavati da pezzi interi o che si utilizzi un impasto (carne magra e grasso), la fase successiva prevede l’aggiunta di sale, aromi ed altri ingredienti. Dopodiché, dove previsto, si procede all’insaccamento ed alla legatura, cui fanno seguito le fasi di spurgo ed asciugatura, che hanno lo scopo di regolare il quantitativo di acqua presente. A questo punto si procede, nel caso dei salumi crudi, alla stagionatura, mentre gli altri vengono inviati alla cottura.

Aspetti nutrizionali
I salumi, inseriti erroneamente nella cerchia dei prodotti alimentari considerati dannosi per la salute umana, si stanno lentamente riscattando da questa nomea, frutto di un’informazione superficiale e poco chiara.
Da un punto di vista nutrizionale, va sottolineato come questa classe di alimenti apporti una buona quantità di proteine ad elevato valore biologico, unite anche a dei buoni livelli di tiamina e riboflavina (vitamine B1 e B2), oltre a ferro e zinco biodisponibili.
Durante la maturazione, inoltre, ad opera dei batteri presenti (aggiunti come starter o naturalmente presenti, ma sempre e comunque desiderati) si verifica un processo di demolizione delle proteine che ne facilita la successiva digestione, velocizzando i processi di assorbimento da parte dell’organismo.
Il fattore più controverso e che ha suscitato i maggiori timori, è la possibilità che attraverso i salumi si apportino grassi insaturi, da tempo noti come causa di patologie in particolare del sistema cardiovascolare. Bisogna chiarire che nessun alimento può essere considerato buono o cattivo per la salute, ma soltanto portatore di nutrienti, che al termine della giornata alimentare dovranno restare nei limiti delle raccomandazioni formulate dagli specialisti della nutrizione. Quindi purché la quantità di grassi insaturi ingeriti non sia superiore a quella prevista per una dieta bilanciata, è ragionevole che essa possa essere fornita anche da questa categoria di prodotti.

Valori nutrizionali dei principali tipi di salumi italiani
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Coppa

Mortadella

Prosciutto cotto

Prosciutto crudo

Salame

Bresaola

Acqua

36.9 g

52.3 g

62.2 g

50.6 g

35.5 g

60 g

Proteine

23.6 g

14.7 g

19.8 g

25.5 g

26.7 g

32 g

Carboidrati

0.6 g

1.5 g

0.9 g

0,0 g

1.5 g

0.0 g

Lipidi

33.5 g

28.1 g

14.7 g

18.4 g

31.1 g

2.6 g

Sodio

1524 mg

506 mg

648 mg

2578 mg

1497 mg

1597 mg

Calcio

11 mg

9 mg

6 mg

16 mg

32 mg

7 mg

Ferro

1.9 mg

1.4 mg

0.7 mg

0.7 mg

1.5 mg

2.4 mg

Potassio

433 mg

130 mg

227 mg

373 mg

452 mg

505 mg

Fosforo

0 mg

180 mg

250 mg

261 mg

356 mg

168 mg

Vit. B1

0.14 mg

0.19 mg

0.4 mg

1.78 mg

0.24 mg

0.12 mg

Vit. B2

0 mg

3.59 mg

3.2 mg

5.5 mg

2.52 mg

2.4 mg

Kcal

398

317

215

268

392

151


Valori nutrizionali dei più comuni tipi di carne.

Tipi di carne

Proteine

Grassi

Kcal


Colesterolo(mg)

Bovino adulto magro

20,7

5,1

129

65

Bovino adulto semigrasso

18,8

15,4

214

66

Bovino adulto grasso

15,8

29,2

330

68

Vitello

20,7

1,0

92

70

Cavallo

21,7

2,7

113

-

Maiale magro

19,9

6,8

141

65

Maiale semigrasso

17,2

22,1

268

65

Maiale grasso

19,9

37,3

394

65

Maiale bistecca magra

18,3

3,0

100

65

Capretto

19,2

5,0

122

-

Trippa di bovino

15,8

5,0

108

-

Fegato di bovino

21,0

4,4

146

300

Coniglio

22,0

5,0

138

65

Pollo

19,0

11,0

175

81

Tacchino

20,2

14,8

220

-

Oca

16,5

31,5

355

-

Anatra

16,0

28,5

380

-


Fonte: Istituto Nazionale della nutrizione

Salumi a Denominazione di Origine

Per tutelare il consumatore esistono le cosiddette denominazioni di origine, promosse da consorzi di produttori e tutelate a livello comunitario con un riconoscimento ufficiale che comporta l’adozione di un disciplinare di produzione e il deposito di un marchio unico.
La Denominazione di Origine Protetta (DOP) rappresenta la massima garanzia di tipicità e serve a designare un prodotto agricolo o alimentare originario di una certa regione o paese, le cui caratteristiche dipendano essenzialmente o esclusivamente dall’ambiente geografico, comprensivo dei fattori naturali ed umani, e la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengano nell’area geografica determinata, compresa la provenienza delle materie prime.
L’Indicazione Geografica Protetta (IGP) si riferisce ad un prodotto originario di una regione, di un luogo specifico o di un paese, di cui le caratteristiche possano essere attribuite all’origine geografica, e di cui almeno una fase della produzione avvenga nella zona individuata.
La Specialità Tradizionale Garantita (STG) definisce un prodotto le cui materie prime, la composizione o ricetta, il metodo di produzione o la trasformazione siano di tipo tradizionale.


 

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