Lumache
Pietanza raffinata
La
Francia oggi è certamente la nazione che le apprezza maggiormente,
tanto da averle elette a piatto nazionale: basti pensare che un francese
ne consuma in media 18 in un anno e non c’è menù di ristorante
raffinato che non le contempli. Nei secoli scorsi questo alimento era
destinato alla nobiltà, che organizzava delle vere e proprie battute di
caccia con cani appositamente addestrati a trovarlo. Questa cosa può
sembrare singolare, ma va notato che durante la stagione invernale
questi animali sono mimetizzati nel terreno e ben chiusi nella
conchiglia, così che trovarli può diventare estremamente problematico
per chi non sia dotato di fiuto. Nel nostro Paese esse erano
tradizionalmente considerate un cibo povero, in particolare erano
chiamate “le ostriche dei poveri”, ma oggi sono state decisamente
rivalutate. Dal 1998 poi, esiste un marchio di origine, rappresentato da
una forchetta e una lumaca stilizzati nel tricolore, che garantisce che
le lumache vendute con quel marchio siano allevate con un ciclo
biologico completo, che comprende sia il controllo igienico che
l’alimentazione bilanciata.
La chiocciola in effetti, nutrendosi molto lentamente, mangia quasi
tutti i vegetali freschi e quindi, se raccolta allo stato naturale, è
necessario purgarla, poiché potrebbe avere ingerito delle sostanze
innocue per lei ma potenzialmente tossiche per la nostra salute. Vediamo
allora di scoprire qualcosa di più riguardo a questi gustosi animali.
Secondo la legenda, un milite romano scoprì una segreta possibilità
d’accesso a Cartagine perché era alla ricerca di lumache.
In Austria ogni anno circa cinque milioni di lumache venivano
schiacciate dalle auto. Poiché sono considerate preziosissime,
soprattutto per il loro ruolo di antiparassitari, sono stati costruiti
ben 700 sottopassaggi per evitare loro questa triste fine.
Conseguente all’aumento dei consumi è stato l’aumento delle
lumache raccolte in allevamento e per questo motivo esso si è affinato
sempre di più, fino ad arrivare al punto di ottenere un prodotto di
qualità nettamente superiore rispetto al corrispettivo “selvatico”. In
primo luogo, infatti, le carni sono nettamente più tenere, poiché la
crescita della lumaca è molto più veloce. Inoltre la qualità e la
varietà degli alimenti somministrati (ricordiamo che per quelle raccolte
in natura è addirittura necessaria la spurgatura per eliminare
eventuali sostanze tossiche) le conferiscono più sapore. Altri aspetti
non trascurabili sono l’omogeneità della pezzatura, determinante quando
si devono fare delle conserve, per poter stabilire il corretto tempo di
sterilizzazione senza produrre danni termici eccessivi sul prodotto
finito, e il fatto di avere a disposizione lumache fresche per tutto
l’anno anziché in determinate stagioni, dando così continuità al
mercato.
Da un punto di vista nutrizionale, le lumache si presentano
come un alimento decisamente poco calorico e possono tranquillamente
essere utilizzate per insaporire e rendere sfiziosi i piatti di una
dieta dimagrante. Inoltre contengono dei livelli interessanti di acidi
grassi polinsaturi, che si rivelano estremamente utili per contrastare
il colesterolo. Essendo poi ricche di sali minerali, il ferro in
particolare, le lumache sono indicate in tutti i casi di anemia o di
aumentato fabbisogno, come ad esempio l’allattamento.
In Italia oggi si contano circa 6000 aziende elicicole, per
un totale di circa 75.000.000 di metri quadrati dedicati a tale
allevamento. La richiesta del mercato però assorbe facilmente la
produzione nazionale, tanto che circa il 70% della richiesta viene
coperto importandole dai paesi dell’Est e dal Magreb, dove viene ancora
effettuata la raccolta stagionale in natura.
Negli ultimi 20 anni infatti Il mercato elicicolo ha subito delle
profonde trasformazioni. All’inizio degli anni ’70, in gran parte
dell’Europa Occidentale (Italia compresa) vennero emanate delle leggi
che nelle intenzioni volevano regolamentare, ma di fatto proibivano, la
raccolta naturale della Helix aspersa, andando così ad determinare il
suo allevamento, che proprio in quegli anni stava vedendo la luce in
maniera intensiva. Sempre in quel periodo si assistette ad una crescita
importante e continuativa dei consumi di questo mollusco di terra e, di
conseguenza, della domanda di mercato. Solo a livello italiano, ad
esempio, si arrivò a 20.000 tonnellate vendute nel 1978, così come nel
resto del mondo, in particolare di quello occidentale, la domanda
continuava a crescere, anche in virtù dell’ingresso delle chiocciole
all’interno dell’industria alimentare, in particolare di quella
conserviera, tanto che all’inizio degli anni ’80 i consumi di questo
prodotto, vivo, fresco o conservato, si assestarono intorno alle 325.000
tonnellate. All’inizio del nuovo secolo si è arrivati addirittura a
sfiorare le 420.000 tonnellate, acquistate per quasi il 50% dalle
industrie alimentari francesi, che le trasformano, nei propri
stabilimenti ubicati in Turchia e nell’Africa del Nord, nelle
celeberrime Escargot. Il giro d’affari complessivo è assolutamente degno
di nota, raggiungendo, nell’ultimo biennio, la ragguardevole cifra di
oltre 10 miliardi di euro. Anche nel nostro Paese, nonostante il periodo
economico non favorevole, la domanda è in continua crescita (36.000
tonnellate), mentre in Francia e in Germania si è registrata una
contrazione dei consumi, controbilanciate però dall’aumento dell’export,
in particolare verso i Paesi extraeuropei, che sempre di più apprezzano
al cucina mediterranea.
per le lumache provenienti da allevamenti che sono già pronte per
essere lavate non è necessaria l'operazione dello spurgo come per quelle
raccolte in campagna per evitare fastidiosi problemi intestinali dovuti
a qualche erba ingerita. Per spurgarle basta mettere i molluschi in una
gabbietta o un cesto di vimini chiuso da un telo nella parte superiore
per evitare che escano, con qualche foglia di cicoria o mollica di pane
ammollate nell'acqua e aspettare tre o quattro giorni. A questo punto
mettete le lumache a bagno con abbondante acqua fredda, passarle dopo
averle ben lavate e sgocciolate in un altro recipiente, ricoprirle
abbondantemente d'acqua fredda, aggiungervi sale grosso, aceto e
scuoterle frequentemente con le mani o con un mestolo di legno. Durante
questa operazione le lumache emettono abbondantissima schiuma; dopo un
paio d'ore sgocciolarle e lavarle, ripetere il lavaggio a più riprese
cambiando l'acqua ogni volta. Sgocciolarle bene, metterle in una grande
casseruola, ricoprirle con acqua fredda e, a calore moderato, far
prendere l'ebollizione; appena le lumache escono dal guscio, aumentare
la fiamma e cuocerle a calore vivo per 10/15 minuti. Sgocciolarle e
quando non scottano più estrarre dal guscio i molluschi, eliminando
immediatamente la parte nera che hanno ad una estremità e il dentino che
è poco digeribile. Lavatele ancora, ora sono pronte per essere cucinate
come preferite.
se per presentare le lumache vi servono i gusci lavateli molto bene,
quindi fateli bollire unendo all'acqua un pizzico di soda,
risciacquateli ripetutamente ed accuratamente, poi scolateli, stendeteli
su una placca e metteteli nel forno già caldo lasciandoli asciugare
bene.
Lumache alla bresciana
Ingredienti per 6 persone: 1 kg di lumache, 800 g di spinaci, 4 cucchiai di olio extravergine di oliva,
50 g di burro, 1 spicchio di aglio, 1 mazzetto di prezzemolo, 1 uovo,
1 cipolla media, 30 g di formaggio grana grattugiato, sale e pepe q.b.
Pulite le lumache accuratamente. A parte preparate un trito finissimo
di cipolla che metterete a imbiondire con l'olio extravergine di oliva e
il burro. Quando la cipolla avrà assunto un bel colore dorato,
aggiungete le lumache e lasciate soffriggere; fate rosolare per bene
quindi unitevi gli spinaci tagliati a striscioline sottili. Salate,
pepate e, a metà cottura (circa 20 minuti dopo), unite il prezzemolo e
lo spicchio di aglio tritati. Fate ultimare la cottura lasciando
asciugare eventuali residui di acqua degli spinaci o che avrete dovuto
aggiungere per non fare attaccare. Togliete dal fuoco e mescolatevi
energicamente l'uovo sbattuto a parte con il formaggio grana
grattugiato. Servite il piatto ben caldo.
Vita da chiocciola
La chiocciola è un mollusco gasteropodo, polmonato,
cefalofero e stilommatofero. La chiocciola è ermafrodita insufficiente:
da ogni coppia fecondata si ottiene una duplice deposizione di uova.
L’accoppiamento e la deposizione, nei nostri climi, avvengono
generalmente due volte all’anno. In linea teorica abbiamo una
deposizione di circa 40-80 uova per ogni chiocciola ad ogni
accoppiamento. Praticamente, per svariati motivi, tra i principali la
sterilità momentanea ed il mancato accoppiamento, si abbassa
notevolmente la media delle chioccioline che potranno essere ingrassate
ed allevate. Il ciclo di pascolo e riproduzione è vario, a seconda dei
climi, delle altitudini, delle zone geografiche e delle specie
utilizzate.
Periodi di crescita
Italia del Nord-Centro: dal mese di marzo a tutto il mese di ottobre.
In Italia del Sud: dal mese di febbraio a tutto il mese di novembre.
Isole: prevalentemente durante l’inverno, l’autunno e la primavera,
con il letargo in estate (estivazione). Al pascolo segue il letargo,
comune e fisiologicamente indispensabile a tutte le specie di
chiocciole.
Nell’ampio panorama di attività elicicole che vivono in
natura, sono state in questi anni ampiamente controllate ed in seguito
selezionate 3 specie fondamentali. La loro selezione è passata
attraverso numerose prove di adattabilità alla vita in ambienti
recintati.
Nei primi allevamenti molti sono stati i fallimenti a causa proprio
dell’utilizzazione di qualità di molluschi che, pur pregevoli per la
loro carne, non avevano le caratteristiche biologiche per un lungo ciclo
produttivo in cattività. Andando contro quelle che erano, per molte
zone, antiche tradizioni sul consumo di una determinata specie di
chiocciole,si sono così inquadrati i nuovi impianti elicicoli con le
seguenti specie:
Detta anche Zigrinata o Maruzza,in Francia chiamata
Petit-gris oppure Chagriné, in Spagna conosciuta come Caracolas, è la
chocciola più diffusa nella
fascia
mediterranea, dove sente l’influenza marina. Presenta conchiglia
conoide, molto convessa in alto ed espansa obliquamente in basso, con
3-4 spire. Questa specie rappresenta oggi l'80% del patrimonio elicicolo
dell’allevamento in Italia. E’ scelta soprattutto, grazie alla sua
precocità nella crescita, che la porta alla maturazione entro dodici
mesi di alimentazione. Un’altra importante caratteristica è la forte
riproduttività (quasi 120 uova all’anno in due covate).
Detta anche Vignaiola bianca, in Francia conosciuta come
Gros-blanc oppure Escargot de Bourgogne, perché tipica di quella
regione. In natura la troviamo esclusivamente nelle zone che non sono
soggette all’influenza del mare e dei suoi venti. E’ acclimatata con
modificazioni morfologiche varie, da cui deriva una serie numerosa di
varietà, in tutta l’Italia settentrionale e in alcune fasce montane
degli Appennini. L’Helix Pomatia, un tempo molto utilizzata negli
allevamenti, rappresenta oggi una fetta meno consistente
dell’elicicoltura, a causa soprattutto dei più lunghi tempi necessari
alla crescita. Le sue carni, tuttavia, risultano sempre di grande
qualità, soprattutto per l'industria della conservazione.
E' chiamata volgarmente "rigatella" ed è molto conosciuta e
apprezzata nell'Italia centro meridionale. E' chiocciola tipica della
costa mediterranea e delle isole, presenta una conchiglia depressa
(diametro 2,8 - 3,5 mm) con colori a bande marroni, molto evidenti. E'
presente su tutti i mercati italiani durante l'intero anno, ma tutto il
prodotto è esclusivamente di raccolta naturale, in parte proveniente
dalla Grecia o dal Marocco. Non si conoscono allevatori di questa specie
in quanto il prezzo di mercato non è molto elevato e soprattutto per
fare un chilogrammo occorrono quasi 250 soggetti. La sola raccolta, in
allevamento, se lo stesso fosse fattibile, comporterebbe già costi doppi
o tripli nei confronti delle specie più pesanti e di taglia più grande.
E' la chiocciola più conosciuta nel territorio di Roma: alla base della
famosa e antica festa di San Giovanni.